La Campania degli sprechi, tutte le opere incompiute e mai utilizzate

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“Fatemi fare una pubblicità progresso. Come sembrava impossibile concludere la variante di valico, so che non ci crederete, ma il 22 dicembre inaugureremo la Salerno-Reggio Calabria“.

Ricorrerà a settembre di quest’anno il cinquantennale della consegna del primo cantiere dell’Autostrada Salerno Reggio Calabria, l’opera incompiuta per eccellenza, simbolo dell’Italia arruffona. Le parole pronunciate ieri dal premier Matteo Renzi alla stampa estera circa la chiusura dei lavori del tratto autostradale che collega le regioni del Mezzogiorno hanno suscitato stupore e qualche risatina tra gli addetti ai lavori.

D’altra parte i documenti ufficiali continuano a indicare l’ultimazione “… oltre il 2020”.

Ma quella dell’A/3 è soltanto una delle opere simbolo delle grandi incompiute d’Italia.

Il Ministero delle Infrastrutture (MIT) conta nel 2014 (ultimo dato disponibile dell’Anagrafe delle opere) 868 (a fronte delle 692 nel 2013) opere incompiute sparse per il Bel Paese.

LE INCOMPIUTE IN CAMPANIA – Quasi un quarto di queste opere incompiute (215) si trovano in Sicilia, regione che detiene così il tutt’altro che invidiabile record dei cantieri abbandonati o che procedono a forte rilento. Secondo il Codacons queste opere valgono ben 4 miliardi di euro, circa 166 euro a famiglia e per il loro completamento servirebbero altri 1.400 milioni.

Ma i numeri non sembrano tornare. Dall’Anagrafe delle incompiute, il dato della Regione Campania parla di 12 lavori mai ultimati (clicca qui per accedere al documento) anche se, ad onor del vero, nel contro del MIT non vengono citate le innumerevoli cattedrali nel deserto e le strade e collegamenti mai completate che stanziano in Campania ormai da tempo immemore.

Proprio ieri il ministro delle infrastrutture, Graziano Delirio, intervenendo a Giugliano (in provincia di Napoli), parlando di incompiute aveva detto che esse “… rappresentano la rottura del patto di fiducia tra la pubblica amministrazione e i cittadini”.

Vero, verissimo. Ancor di più valgono le parole del presidente dell’Autorità nazionale Anticorruzione Raffaele Cantone che invece ha parlato di “… grave danno di immagine per il Paese”.

Parole, quelle di Cantone e Delrio, che raccontano difficoltà comuni alle regioni del Sud, Campania in testa.

Tra le grandi incompiute campane, partendo da Napoli, si segnalano quelle di Bagnoli, Napoli Est e il porto. Tre grandi progetti in corso. Ma ci sono anche la Mostra d’Oltremare, i lavori della linea 1 e 6 della metropolitana, la riqualificazione del centro storico. Sono 19 in tutto le grandi opere previste in tutta la regione: alcune in corso, altre bloccate. Regi Lagni, fiume Sarno, la metropolitana Piscinola-Capodichino, il porto di Salerno, strada statale 268 del Vesuvio: questi alcuni degli ambiti di intervento.

Ma è Bagnoli l’emblema dello stallo, la grande incompiuta. “Se riparte Bagnoli, riparte il Sud”, diceva il presidente del Consiglio Matteo Renzi ad inizio mandato, promettendo una norma nella legge Sblocca Italia che ridesse fiato e movimento anche a Bagnoli. Nove mesi di attesa per un commissario super partes, l’area è sotto sequestro, la società Bagnolifutura è fallita con 200 milioni di debiti e 54 lavoratori ormai in mobilità (10 dei quali sono stati ricollocati in altre partecipate), tutto è passato nelle mani della curatela.

Che i dati dell’Anagrafe sulle incompiute saranno rivisti drasticamente si evince facilmente dal fatto che nella provincia di Napoli risulta esserci soltanto un’opera incompiuta, ovvero la ristrutturazione ad Arzano dell’ex plesso scolastico di via Volpicelli, che sarebbe dovuto diventare un “centro socioeducativo per minori e famiglie”. La spesa? Un milione 343mila euro, a fronte di 250mila euro ritenuti necessari per completare l’opera (una cifra che fa pensare: perché servono così “pochi” soldi rispetto a quanto speso, se il ministero fa sapere che l’opera è ultimata solo al 19,77%?).

Entrerebbero perciò di diritto in questa speciale classifica anche l’ospedale di San Bartolomeo e la piscina olimpionica di Telese nel Sannio, il raddoppio della Circumvesuviana mai completato, la stazione incompiuta di Scampia.

IL FESTIVAL DELLE INCOMPIUTE DI AVELLINO – L’Avellino degli sprechi consumati dagli anni Ottanta ad oggi è stata già ampiamente raccontata negli anni passati anche e soprattutto dai media nazionali. Mercatone, Tunnel, Centro per l’Autismo, l’ex cinema Eliseo: sul loro recupero e, in alcuni casi, sulle loro nuove inaugurazioni, le varie amministrazioni comunali che si sono succedute a Palazzo di Città hanno avuto il loro bel da fare, specialmente nel corse delle varie campagne elettorali. Il tempo delle promesse, anche per queste incompiute, è ampiamente scaduto.

NELLA CITTA’ DI DE LUCA – Capitolo a parte meriterebbe la città di Salerno che tanto lustro (e sostegno) ha dato alla campagna elettorale del Governatore De Luca lo scorso anno.

Sono poco più di 200 milioni di euro gli investimenti fatti a Salerno in grandi opere. Una cifra capace di cambiare il volto di qualunque città, che renderà davvero Salerno una città all’avanguardia. Quando, però, non si sa.

Alcune opere pubbliche aspettano di essere completate da quindici anni. Altre non hanno mai visto l’inizio dei lavori, si sono fermate alla conferenza stampa o al rendering. Progetti di architetti di fama internazionale (Hadid, Chipperfield, Bofill solo per citarne alcuni) che però qui annaspano nel pantano.

Così capita che una stessa opera pubblica, la Cittadella giudiziaria, venga inaugurata quattro volte ma nessun giudice, nessun avvocato, nessun cittadino ci abbia mai messo piede. L’ultima risale a marzo 2014. Delle sei palazzine previste ne erano state ultimate tre. Una spesa globale che si avvicina ai cento milioni di euro.

E poi ancora la nuova piazza della Libertà e il Crescent, la stazione marittima, il PalaSalerno, la riqualificazione dell’ex pastificio Amato e la Vela di Bofill, edificio alto 72 metri con 17 piani che doveva ospitare uffici e un albergo sul mare.

Di chi le colpe? Sul banco degli imputati spesso è finita la mancanza del rapporto tra urbanistica e politica. Non ci sono idee attorno alle quali costruire l’agire; la verità è che troppe volte, quasi sempre, è mancata la visione complessiva del territorio con i tecnici che troppo spesso hanno risposto solo alle richieste del momento.

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