Omicidio Bembo, il Riesame accoglie il ricorso della Procura

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MERCOGLIANO- Ripristinare la misura cautelare in carcere. Questa la decisione dei magistrati del Tribunale del Riesame di Napoli che hanno accolto l’impugnazione proposta dalla Procura di Avellino contro il provvedimento di attenuazione della misura cautelare nei confronti dei presunti autori del delitto di Roberto Bembo firmata a fine luglio scorso dal Gip del Tribunale di Avellino Fabrizio Ciccone.

La Procura aveva proposto ricorso contro gli arresti domiciliari decisi per Niko Iannuzzi, classe 91, autore materiale del ferimento mortale e Luca Sciarillo, classe 94, anche lui concorrente nella lite e nel delitto. Entrambi erano reclusi nel carcere di Bellizzi Irpino dal 3 gennaio. Tutti sono difesi dal penalista Gaetano Aufiero, che aveva chiesto l’inammissibilità dell’impugnazione della Procura.

Al ricorso firmato dal sostituto procuratore Vincenzo D’Onofrio si erano aggiunte, trasmesse dalla Procura di Avellino al Tribunale della Libertà anche alcune integrazioni proposte dal difensore delle parti civili, i genitori del ragazzo ucciso, il penalista Gerardo Santamaria.

IL RICORSO DELLA PROCURA
L’impugnazione proposta dalla Procura di Avellino parte dalle conclusioni sulla personalità e l’inclinazione a delinquere degli indagati espresse nell’ordinanza di convalida del gennaio 2023 per sottolineare che “da quel momento sono decorsi meno di 7 mesi senza che siano sopravvenuti, sotto il profilo fattuale e sostanziale, circostanze nuove favorevoli agli indagati, né elementi che da soli o insieme a quelli già raccolti possano modificare il gravissimo quadro indiziario e cautelare che fu posto a fondamento della più grave delle misure coercitive, ritenuto unico presidio idoneo ad arginare l’estrema pericolosità degli indagati, non essendo adeguate misure più lievi”. Il Gip secondo la Procura con una decisione “contraddittoria e irragionevole” rispetto alla ordinanza originaria, avrebbe secondo quanto sottolineato dal pm D’Onofrio basato tutto il ragionamento su “dati che contrastano con la realtà o sono addirittura frutto di indimostrate deduzioni “.

Quali sono secondo il pm D’Onofrio “il decorso del tempo di carcerazione e la giovane età dei prevenuti”. Proprio su questi due aspetti e’ stata concentrata l’impugnazione: “Orbene, con riguardo a quest’ultimo argomento, non può non evidenziarsi che si tratta di uomini di oltre 30 anni, uno dei quali gravato anche da precedenti specifici, anche molto recenti (2020) Con riguardo invece ad un asserito naturale effetto deterrente collegato alla durata (di appena 8 mesi) della custodia in carcere sofferta, il Gip non spende una sola parola in ordine agli elementi logici o giuridici da cui abbia dedotto una simile conclusione apparendo piuttosto frutto di una vera e propria petizione di principio, del tutto incontrollabile”. Per cui : “Al di là del mero decorso del tempo non vi sono altri argomenti, fatti, elementi o sopravvenienze che possano “colorare” favorevolmente per gli indagati il gravissimo quadro cautelare che lo stesso Gip aveva posto a fondamento della misura cautelare originaria”.

Nessuna connessione e novità sarebbe venuta fuori anche in rapporto alla dinamica, già chiara e inalterata rispetto a quella che era stata ricostruita nelle ore successive dagli agenti della Squadra Mobile di Avellino con l’acquisizione dei video di alcune telecamere di esercizi commerciali della zona: “Non può sostenersi, come sembra fare il gip, che la suddetta ricostruzione, possa valere quali elemento che, insieme al decorso del tempo, determina un affievolimento delle esigenze. Si tratta di elemento dinamico e modalità dell’azione già totalmente delle emissione dell’ordinanza cautelare, per cui utilizzarlo in questa fase, per supportare l’unico elemento diverso (il trascorso del tempo di custodia) è errato e del tutto illegittimo.

Anzi, non può non sottolinearsi a tal proposito (altro aspetto di contraddittorietà del provvedimento impugnato) come le “modalità dell’azione” sia stato uno degli argomenti utilizzato dal Gip, in fase di emissione e l’ordinanza coercitiva, e ritenere inadeguate misure più attenuate di quella intramuraria”. Infine c’è il discorso sulla consegna della consulenza medico legale, che avrebbe violato o leso il diritto alla difesa dei due indagati: “Del tutto incomprensibile, infine, Ma comunque non elemento tale da colorare in senso favorevole il mero decorso del tempo di carcerazione, è l’argomento ( speso dalla difesa e richiamato incidentalmente dal Gip) circa una ferita lesione del Diritto di difesa determinata dal ritardo nel deposito delle relazioni autoptica medico/ legale, che, si può avere eventualmente un incidenza sulla disciplina dei termini di custodia cautelare, non si comprende come possa averne ai presenti fini”.

DECISIONE SOSPESA
La decisione dei giudici del Tribunale del Riesame però resta sospesa, perché Iannuzzi e Sciarillo non andranno per ora in carcere. Infatti ogni decisione sarà rinviata al verdetto dei giudici della Corte di Cassazione, dove sicuramente sarà impugnato il provvedimento del Riesame.