“Il primo aprile abbiamo denunciato, per l’ennesima volta, l’arroganza e l’atteggiamento di indifferenza del Gruppo Fantoni verso i lavoratori e l’intera provincia di Avellino. E’ bene ribadire che per circa 40 anni ha gestito un impianto di trasformazione degli scarti del legno usufruendo di benefici ambientali, economici e sindacali, in una terra che soffre la perenne fame di lavoro, ragione che troppo spesso ha legittimato, dal nostro punto di vista in modo ingiustificato, atteggiamenti generalizzati troppo permessivi”.
Ad affermarlo Tony Della Pia, segretario provinciale di Rifondazione Comunista.
“Circa sei mesi fa – prosegue – la proprietà ha annunciato la delocalizzazione dello stabilimento, il conseguente licenziamento dei 117 lavoratori e la dismissione degli impianti di Montefredane, senza alcuna possibilità di mediazione; ad oggi, nonostante la lotta di buona parte degli operai, che nel frattempo hanno organizzato diverse azioni di resistenza, i padroni non concedono nessun dialogo ma addirittura negano il rinnovo della cassa integrazione ai lavoratori che da lunedì saranno privi degli ammortizzatori sociali”.
“Rifondazione Comunista non intende rassegnarsi di fronte alla viltà di questi predatori che senza pudore triturano la vita delle persone negli ingranaggi del becero profitto. Quindi, occorre rilanciare la lotta affinché si impedisca l’intervento di smantellamento dei macchinari, si sequestri con scopo precauzionale l’area di sedime dello stabilimento predisponendo una verifica dei luoghi e del sottosuolo per accertare eventuali cause di inquinamento, a tal proposito inoltreremo un esposto/denuncia alla procura della Repubblica”.
“Serve inoltre che il ministro dello Sviluppo Economico, latitante, convochi immediatamente le parti al fine di rinnovare la cassa integrazione ai lavoratori, e contemporaneamente studiare un piano di rilancio aziendale, tenuto conto della grande professionalità maturata e dimostrata dai lavoratori. Il Gruppo Fantoni da avuto tanto dell’Irpinia e deve tanto alla nostra terra, quindi mettere in conto anche l’esproprio a fini economico/sociali degli impianti non è demagogico ma un atto di giustizia sociale”.