Si riporta la nota di Sabato Moschiano, Capogruppo opposizione Lauro.
Siamo prossimi al voto. Il circo della politica si è messo in moto, chi più chi meno le studia per la convenienza del momento. Accaparrarsi il voto, poi non conta se ci si dimentica di aver detto e soprattutto fatto il contrario di quanto si racconti alla gente. La propaganda in genere tralascia la coerenza. Disorientamento e sfiducia, si ricercano protezioni individuali. La politica restituisce modelli distorti. Tant’è. Il voto manca dal 2018, eppure nessuno sembra entusiasta per il ritorno alle urne: la gente è stanca, l’astensionismo si riconferma minaccioso. Personalmente ho aderito al Movimento Cinque Stelle, con convinzione. Ritengo sia un voto giusto, non puramente utile o funzionale ad intese preconfezionate. A suo tempo avevo apprezzato Bersani: l’idea del “campo largo a sinistra” appariva soluzione auspicabile. Non se n’è fatto nulla. Difetto di condizioni. Il taglio pentastellato della prima ora, oltranzista, estremo e fustigatore non scosse l’animo riformista sopito. Non vi fu memoria delle lotte di un tempo, che avevano reso al Paese l’argine provvidenziale alle tante derive possibili. La storia della Sinistra è complicata e lunga da raccontare. Fu un vero peccato. Nell’ottica anglosassone il bipolarismo avrebbe reso bene, almeno avremmo colto le differenze. Intanto era passata la Prima Repubblica, la Seconda sembrava non promettere nulla di buono. I soliti noti provavano a mimetizzarsi, la destra in parte riciclata si proponeva in varie forme. Separatista, intollerante e aziendalista. Governò a lungo ma non se ne conserva rilevante memoria. La Sinistra sopravvisse nel disordine delle sue multiformi componenti, tuttavia le grandi masse di popolo non c’erano più. Il centrismo di destra e di sinistra, improbabile segno di moderazione, toglie all’una e all’altra. L’identità rende più della strategia. Si sconta il prezzo della lunga storia del nostro dopoguerra. Le grandi manovre si consumarono con la demagogia della moderazione, agitando crocefissi all’insaputa del Titolare, radicando il clientelismo peggiore. Sebbene la formula ritorni, spesso per bocca del Cavaliere statista improvvisato, l’identità centrista non esiste. Il guaio è che oggi si accentrano in molti, vecchi e nuovi peccatori, per la sopravvivenza irriducibile. Intanto le differenze non si colgono più. Il Movimento va avanti da solo. Giuseppe Conte è il leader affidabile, di taglio europeista e riformatore. I governi a sua guida, specie il secondo, ne danno ampia conferma. Per la gestione esemplare della pandemia e delle sue ricadute economiche. Il Pnrr, misura senza precedenti per il rilancio del Paese. Il Movimento ha messo mano alla vera “rivoluzione” possibile. L’abrogazione dei privilegi che contaminano la politica e le istituzioni, che radicano il potere. Incontrollabile difetto umano. Basta allungare lo sguardo a breve o lunga distanza, alchimie e magheggi danno nausea. La politica è servizio, non mestiere. Taglio delle pensioni d’oro e dei vitalizi, ma soprattutto dei parlamentari. Quelli del Movimento 5 Stelle restituiscono il 50% degli stipendi istituzionali a favore di attività solidali e di sviluppo, i loro mandati non eccedono il numero di due. Rilevante la legge anticorruzione, sulla giustizia il discorso è da rivedere. Il reddito di cittadinanza, non di meno oggetto di manipolazione della propaganda elettorale, ha reso dignità a quei cittadini ridotti al di sotto della soglia del decoro minimo. Controlli e correttivi da tenere a portata di mano. Superbonus per il rilancio dell’economia e dell’occupazione, agevolazioni per le imprese che assumono. Gli impegni assunti nel 2018 sono stati mantenuti per larga parte. È un buon segno. Il percorso riformatore dovrà proseguire e migliorarsi, il Movimento Cinque Stelle ne rappresenta la garanzia più seria e affidabile.