Morti sul lavoro in Campania, Benevento e Avellino si contendono il triste primato

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cantieri edili edilizia operai
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Sempre più morti sul lavoro in Campania.

Una strage che continua a crescere.

E’ il dato che emerge dall’ultimo report dell’Osservatorio Sicurezza sul Lavoro Vega Engineering di Mestre elaborato sulla base di dati INAIL.

Dallo studio emerge un quadro a tinte fosche per le province della Campania che si contendono i poco felici primati di decessi ed incidenza delle morti bianche.

I DATI PROVINCIA PER PROVINCIA – La provincia di Benevento si piazza addirittura al primo posto in Italia nella speciale classifica dell’incidenza sugli occupati (ovvero il numero di infortuni mortali ogni milione di occupati).

A seguire è la provincia di Avellino (14esima in Italia), Salerno (19esima in Italia).

Le province di Napoli e Caserta chiudono rispettivamente al 51esimo e 53esimo posto.

Sempre la provincia di Napoli ha registrato 34 decessi sul lavoro nell’arco del 2015: è il terzo dato più alto del Paese.

Ad Avellino sono state 11 le morti bianche lo scorso anno, tante quante nel casertano; a Salerno 19 mentre nel Sannio sono stati registrati 12 decessi sul lavoro nel 2105.

“E’ una vera strage che a fine anno prende forme e contenuti di un massacro – si legge -. Una tragedia che racconta di 1172 vittime registrate sul lavoro da gennaio a dicembre 2015 e che fa registrare un’inquietante media di 98 infortuni mortali al mese (24 alla settimana e più di tre al giorno). Uno scenario che diventa ancor più drammatico nel confronto con il 2014. Perché l’incremento della mortalità registrato è del 16 per cento (163 morti in più); ed arriva al 18 per cento l’aumento dei decessi nella rilevazione degli incidenti mortali avvenuti in occasione di lavoro (erano 746 nel 2014 e 878 nel 2015). Mentre quelli in itinere sono passati da 263 a 294 (+12 per cento)”.

“Una sconfortante analisi degli infortuni mortali da Nord a Sud del Paese che nel 2014 ha coinvolto 1072 uomini e ben 100 donne. – commenta Mauro Rossato, Presidente dell’Osservatorio Vega Engineering – Madri, mogli, figlie che non ci sono più. E che, magari, con una politica più sensibile ed attenta alla sicurezza sul lavoro avrebbero potuto continuare la loro vita accanto ai propri figli, mariti o genitori. Per non parlare di quei 1.072 uomini che hanno perso la vita al lavoro e le cui famiglie, forse, vivevano grazie a quell’unico reddito del proprio caro deceduto. E’ una situazione inquietante a cui il Governo deve assolutamente ed urgentemente mettere la parola “fine”.

Intanto, anche a conclusione del 2015, è la Lombardia ad indossare la maglia nera con il più elevato numero di vittime in occasione di lavoro (124 decessi); seguono: la Campania (87), la Toscana (79), il Lazio (76), il Veneto (71); l’Emilia Romagna (69), il Piemonte (66), la Sicilia (62), la Puglia (57). E poi ancora: le Marche (29), l’Abruzzo (28), l’Umbria (22), la Calabria (21), il Trentino Alto Adige e la Liguria (19), il Friuli Venezia Giulia (15), la Sardegna (12), il Molise e la Basilicata (11). Mentre l’indice di rischio più elevato rispetto alla popolazione lavorativa viene registrato in Molise (110,6) contro una media nazionale di 39,2. Seguono Umbria (61,4) e Basilicata (61,1).

Il settore più colpito dalle morti sul lavoro è quello delle Costruzioni con 132 vittime pari al 15 per cento del totale degli infortuni mortali sul lavoro. Seguito dalle Attività manifatturiere (109 decessi) e dal Trasporto e magazzinaggio (91). Più della metà delle vittime rilevate in occasione di lavoro aveva un’età compresa tra i 45 e i 64 anni (485 morti).

La provincia in cui si conta il maggior numero di infortuni mortali è Roma (47) seguita da Milano (35), Napoli (34), Bari (26), Torino (23), Brescia (21), Palermo e Salerno (19), Cuneo e Perugia (17), Verona e Bologna (15).
Più della metà delle vittime rilevate in occasione di lavoro aveva un’età compresa tra i 45 e i 64 anni (542 morti).

Le donne che hanno perso la vita nel 2015 in occasione di lavoro sono state 48. Gli stranieri deceduti sul lavoro sono 138 pari al 15,7 per cento del totale.

“Appellarsi al buon senso dei datori di lavoro e dei dipendenti, a volte, non è sufficiente per esorcizzare i pericoli in azienda – conclude Rossato – e allora diventa sempre più indispensabile invocare controlli più diffusi e severi e, senza alcun dubbio, pene certe e processi più veloci per gli evasori della sicurezza sul lavoro”.

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