Marco Grasso – “Avellino e l’Irpinia avrebbero bisogno di più cura e attenzione. Turismo vuole dire anche bellezza e accoglienza: non è accettabile che lungo il Corso, la strada principale del capoluogo di una provincia nota per il verde del suo straordinario patrimonio naturalistico, non ci sia un solo fiore. Abbelliamo i nostri centri, coloriamoli”.
Lucrezia Vitale, docente, sommelier e osservatrice privilegiata delle dinamiche locali e nazionali dell’enoturismo, lancia la proposta-provocazione di una campagna di abbellimento dell’Irpinia. Il titolo-slogan, scherzoso ma non troppo, già c’è, la “Piccola Bellezza”, con chiaro e immediato riferimento al celebre film di Paolo Sorrentino.
“Altrove, in tante parti del nostro Paese, ci sono borghi e piccoli centri che sono valorizzati anche solo con la cura dei giardini, e del verde più in generale. Di recente ho scoperto che a Singapore, dove il prezzo medio delle case è di 30-35mila euro al metro quadro, la locale amministrazione ha ben pensato di recuperare tutto il verde in cubatura. Un incentivo notevole, che funziona anche in una città che potrebbe tranquillamente vivere di solo cemento armato. Non riesco a capire perchè nella nostra provincia non si riesca ad investire nel verde, basterebbe davvero poco. Il vino ce l’hanno tutti, non può più bastare un buon bicchiere per fare enoturismo”.
Vitale sta portando avanti, in collaborazione con L’Università di Cordova, uno studio sul campo sull’offerta enoturistica in un’area a marcata vocazione vitivinicola come l’Irpinia “che rappresenta – si legge nell’incipit del testo – una micro-realtà del tutto eccezionale nel panorama vitivinicolo italiano”.
L’università spagnola sviluppa da molti anni una linea di ricerca sul complesso sistema di riferimento riconducibile al “prodotto enoturismo”, dato dalla confluenza tra industria del vino e turismo in connessione con il contesto ambientale di un territorio a vocazione vitivinicola. In particolare, il professore Tomas López Guzmán, con i suoi
numerosi articoli, ha analizzato il fenomeno enoturismo in una prospettiva comparativa, descrivendone status, prospettive ed opportunità con particolare riferimento all’enoturismo come volano dello sviluppo e rivitalizzazione delle zone interne e rurali.
Una mission che l’Irpinia fatica a mettere a fuoco. “Il settore enoturistico è sottodimensionato rispetto alle potenzialità e questo soprattutto per la cronica incapacità di fare sistema, di collaborare, ognuno per le proprie competenze. C’è una diffidenza che blocca ogni processo e che, purtroppo – aggiunge la ricercatrice – ci relega ancora ai margini dei principali circuiti turistici regionali di settore. Intanto dovremmo avere una maggiore conoscenza del territorio. Siamo noi cittadini i primi promotori dell’Irpinia: servirebbe uno scatto in avanti di carattere culturale che, invece, mi sembra ancora lontano”.
Tra gli obiettivi della ricerca c’è quello di arrivare a disegnare una sorta di identikit dell’enoturista, in modo da organizzare un’offerta in linea con le aspettative del visitatore. In questo senso la ricercatrice sta portando avanti una capillare attività di raccolta ed elaborazione dati, attraverso interviste agli enoturisti con lo scopo di determinarne attitudini, comportamenti ed aspettative nelle diverse location di consumo del prodotto turistico, come festival, sagre e cantine.
Il lavoro di ricerca, non ancora ultimato, prevede anche un lavoro di ricognizione dell’offerta turistica relativa
all’enoturismo, con particolare riferimento alle Strade del Vino e dei Sapori, ai Festival di settore, le visite guidate in cantina ed in vigna, manifestazioni e seminari sul tema, portali e blog tematici. Una mappatura fondamentale per organizzare al meglio l’offerta.
“Intorno all’enoturismo si è sviluppato un movimento turistico significativo anche se, purtroppo, ancora troppo disordinato. Ognuno va avanti per la propria strada – osserva la Vitale – senza una visione d’insieme, un momento di coordinamento. E’ assurdo, ad esempio, che una provincia come l’Irpinia sia ancora sprovvista di un’agenda unica in cui confluiscano tutti gli eventi, evitando così duplicazioni e accavallamenti. Sul territorio c’è una competizione che non aiuta, una corsa a difendere e promuovere il proprio orticello che impedisce ogni processo di sviluppo proiettato nel medio-lungo termine”.
Mettere da parte divisioni e campanilismi, a favore di linee strategiche uniche e condivise è sicuramente una priorità, probabilmente la prima. “Penso ad una governance, ad una cabina di regia che faccia sintesi tra i vari operatori in campo e possa lavorare su dati di settore precisi, in modo da organizzare un’offerta turistica mirata. L’Irpinia non ha le strutture per gestire grandi numeri: a noi spetta un turismo di nicchia, legato soprattutto al target della terza età che, poi, è anche quello più facile da gestire, in quanto ha una disponibilità a muoversi non limitata al fine settimana. Ma bisogna fare in fretta, la Puglia è dietro l’angolo, ed è molto più avanti di noi”.
Ma l’Irpinia, il territorio, sono pronti a gestire i flussi turistici? “Credo che un movimento turistico di nicchia, o comunque mirato, sia alla portata della nostra provincia, ma è chiaro che bisogna darsi da fare. Penso alle strutture di accoglienza ed alle infrastrutture, ma anche al personale che va formato, qualificato. Servono giovani, nuovi profili professionali: un produttore vitivinicolo non ha il tempo nè le competenze per gestire l’accoglienza, per fare enoturismo. Non è più possibile improvvisare in un settore che vive di politiche e tempi ben precisi, da pianificare con grande cura e attenzione”.
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