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Minorenni dal sesso facile: è boom di gravidanze e aborti

Accompagnate dalla mamma. Oppure le vedi con lo sguardo basso nelle sale d’attesa, in fila per interrompere la gravidanza. Il cellulare in una mano e lo smalto sbeccato sull’altra. E hanno 15 anni, al massimo 16. Bambine che rischiano di avere bambini e che fanno sesso così, tanto per fare.

I medici del Policlinico di Milano hanno dato un nome alla nuova «patologia» delle teen ager. La chiamano banalizzazione del sesso. I numeri non sono significativi del fenomeno, ancora molto contenuto e silenzioso, ma parecchi casi degli ultimi anni hanno lasciato senza parole anche ginecologi della portata di Alessandra Kustermann che, nella sua attività trentennale, credeva di averle viste tutte. Credeva, appunto. E invece ora si trova sempre più spesso di fronte a ragazzine con l’apparecchio ai denti che chiedono di abortire. «Tante hanno rapporti sessuali completi con i compagni di classe in cambio di una ricarica del telefono. E non si rendono conto che anche questa è una forma di prostituzione».

Ovviamente nulla a che vedere con le baby squillo dei Parioli di Roma: in quel caso i clienti erano tutti maggiorenni e si parlava di un giro consolidato di giovanissime escort. Ma anche spogliarsi, farsi palpeggiare nei bagni della scuola, o fare sesso col primo che capita in cambio di una borsa di Zara e di un piccolo regalino ha qualcosa di inquietante.

«Abbiamo a che fare sempre più spesso con ragazzine inconsapevoli, che non si rendono conto del significato del sesso (e figuriamoci dell’amore) – racconta la Kustermann – Le assistiamo anche dal punto di vista psicologico: sono fragilissime, insicure ed hanno una bassa considerazione di sé e un rispetto nullo del loro corpo». Ça va sans dire, nessuna di loro usa precauzioni, né ha partner abituali.
Non stiamo parlando solamente di ragazzine provenienti da ambienti disagiati, costrette a diventare grandi più in fretta. Ma di liceali delle «famiglie bene». Che evidentemente in testa hanno parecchia confusione sul significato di rapporto sessuale e che cambiano partenr con un po’ troppa facilità.

C’è un dato, parziale, del fenomeno. Il numeri delle certificazioni di interruzione di gravidanza registrato dall’Ats Milano: nel 2015 le minorenni che hanno chiesto di abortire sono state 60, il tre per cento del totale e un po’ meno rispetto all’annus horribilis, il 2014, quando ne furono registrare 140. «Ma bisogna tener conto – spiega Aurelio Mosca, direttore del dipartimento famiglia dell’Ats milanese – che il certificato di interruzione di gravidanza, oltre che nei consultori Ats, può essere rilasciato anche da un medico di base o da un ginecologo privato». Quindi il dato fotografa solo una parte di quello che accade.

È la stessa Alessandra Kustermann a proporre di cominciare a monitorare il fenomeno, che sicuramente è in crescita. «Bisogna anche lavorare sulla sensazione di sopraffazione psicologica – sostiene la Kustermann – ascoltare i nostri ragazzi, educarli ai sentimenti. Tempo fa nelle scuole della Lombardia si faceva un gioco di ruolo sulle emozioni e sull’accesso alla fisicità molto profondo e utile». Ecco, ora quel corso, intitolato «Le parole non dette», si fa solo in pochissimi istituti a causa dei soldi che scarseggiano. E il presupposto resta comunque uno: l’educazione al sesso e all’amore si fa, ogni giorno, prima in famiglia che da dietro una cattedra. Alessandro Albizzati, neuropsichiatra all’ospedale San Paolo, denuncia il nuovo male che colpisce, ahimé, fili e genitori: «la mancanza di valori». E forse è da qui che bisogna ripartire.ilgiornale.it

 

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