“Non chiediamo di aprire uno scontro fra Istituzioni ma l’impegno a chiedere il vaglio costituzionale da parte della Corte quale garante dei principi fondamentali del nostro Paese, l’unica che può farci uscire da quella che è una profonda lesione delle ragioni stesse che fanno vivere l’umanità e la democrazia nel nostro Stato”. Lo scrivono, in una lettera aperta destinata al governatore della Campania Vincenzo De Luca, i consiglieri regionali Giovanni Chianese, Francesco Moxedano, Francesco Todisco hanno inviato al presidente Vincenzo De Luca una lettera aperta facendo leva sulla necessità di salvaguardare i diritti dell’accoglienza, dell’integrazione, della sicurezza e per tale ragione ritengono indispensabile ricorrere alla Corte Costituzionale contro il decreto sicurezza varato dal governo giallo verde, che lede questi diritti costituzionali e sfalda le più elementari basi di ogni convivenza civile.
I consiglieri chiedono al governatore della Campania di farsi interprete delle loro preoccupazioni e di impugnare dinanzi alla Corte costituzionale il decreto sicurezza del ministro Salvini, seguendo così l’esempio della Toscana, dell’Emilia Romagna e dell’Umbria.
Di seguito il testo integrale della missiva:
Egregio Presidente,
L’aggressione in atto ai valori più profondi della nostra comunità nazionale richiede alle istituzioni democratiche una capacità di dialogo, di confronto, di rispetto profondo dei principi sanciti nella Carta costituzionale e non la ricerca di avventure che rischiano di ledere ulteriormente la già fragile relazione fra poteri dello Stato.
Una capacità di ascolto reciproco e di confronto per il bene della tenuta del tessuto unitario nazionale che Ella ha fatto bene a invocare nei confronti del Presidente del Consiglio dei Ministri sulla questione della cosiddetta “autonomia differenziata” che così come è stata posta da alcune regioni del Nord del nostro Paese rischia di affossare definitivamente ogni disegno di ricucitura economica e sociale italiana.
Altrettanta risolutezza Le chiediamo di interpretare verso la questione del cosiddetto decreto “sicurezza”. Con quest’atto il Governo non fa altro che amplificare le problematiche che negli intenti dice di voler risolvere.
Le comunità nazionali non sono dei gusci asettici in cui preservare le identità culturali, ma vivono nell’umanità. Porsi di fronte alla questione dei flussi migratori in un’ottica di polarizzazione fra posizioni incapaci di ascoltarsi reciprocamente lacera profondamente la nostra convivenza civile.
I doveri dell’accoglienza, dell’integrazione, della sicurezza, di leggi giuste e della loro applicazione sono facce di una stessa medaglia: quella di un’umanità che incontra altra umanità. Di una umanità che diventa comunità nel saper accogliere, integrare e dare sicurezza a tutti. Nessuno escluso.
Chi pensa che l’accoglienza appartenga a qualcuno e la sicurezza a qualcun altro, non fa altro che alimentare uno scontro da portare a reddito alle elezioni ma che sfalda le più elementari basi di ogni convivenza civile.
Abbiamo il dovere di sottrarci a questo gioco al massacro e di evidenziare nel rispetto di ogni competenza prevista dalle nostre leggi fondamentali i danni che l’applicazione di questo decreto arrecherebbe alle persone che vivono nella nostra realtà nazionale.
I più eminenti interpreti della nostra Carta costituzionale hanno individuato diversi profili di violazione della stessa anche rispetto alle competenze costituzionalmente garantite alle Regioni; tutte finalizzate ad evitare che queste ultime non eroghino servizi sociali, sanitari, di formazione, di istruzione e di politiche attive nel lavoro a un numero significativo di immigrati, finanche a quelli con regolare permesso di soggiorno che diventerà, in applicazione di tale normativa, irregolare con l’eliminazione del permesso di soggiorno per motivi umanitari. Non è difficile prevedere l’incremento del numero degli “invisibili” nel nostro Paese che non potranno ricorrere a servizi essenziali di cura della persona con problematiche di molteplice tipo che tenderanno ad aggravarsi.
Tante altre sarebbero le lesioni che toccano le competenze concorrenti e residuali delle Regioni su cui per sintesi non ci soffermiamo anche perché già apparse ben rappresentate nel dibattito pubblico.
Signor Presidente, alla stregua delle considerazioni sviluppate e in ragione del richiamo, che Ella più volte ha sollecitato, alla civiltà del confronto su questioni che rimandano direttamente al senso più profondo delle nostre esistenze e delle ragioni che tengono insieme le nostre comunità, Le chiediamo di volersi fare interprete di queste nostre preoccupazioni e di voler impugnare innanzi alla Corte delle Leggi questo decreto su tutti i profili di incostituzionalità individuati dalla più avveduta dottrina. Nessun scontro fra
Istituzioni ma solo l’invocazione di un vaglio costituzionale da parte della Corte quale garante dei principi fondamentali della nostra Nazione può farci uscire da quella che è una profonda lesione delle ragioni stesse che fanno vivere l’umanità e la democrazia nel nostro Stato.