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Migranti e carità cristiana, il parroco di Chiusano in Burundi: “Aiutarli è un nostro dovere”

Per don Antonio Romano, parroco di Chiusano San Domenico, lo slogan “aiutiamoli a casa loro” non ha connotazioni politiche, ma è la soluzione. Don Antonio, è tornato da poco dal Burundi, uno dei paesi più poveri dell’Africa.

le studentesse burundesi e don Antonio

Quindici giorni nel villaggio di Rutundwe gemellato con la parrocchia chiusanese da sei anni. “Vorrei che ogni parrocchia irpina, ma anche le  istituzioni laiche, riuscissero a creare un gemellaggio con le istituzioni burundesi” dice ad Irpinianews don Antonio spiegando come il Burundi sia davvero povero.

“Non esiste neanche l’ambasciata italiana e tutte le pratiche sono da sbrigare in Uganda” dice, raccontando la trafila fatta per poter portare in Italia due studentesse burundesi che dal prossimo anno accademico studieranno a Fisciano. “Ora per tre mesi saranno in Italia ad imparare la lingua, una delle due giovani sarà ospite dai miei genitori. Loro provvederanno a farla studiare” racconta.

una scuola del Burundi

La solidarietà, la carità cristiana applicata davvero, davanti ad una miseria senza fine. “La storia di questi bambini è straziante, non hanno un’infanzia e probabilmente non avranno neanche un futuro senza il nostro aiuto e l’aiuto della nostra associazione”. Fa riferimento alla Madre Teresa Onlus, organizzazione no profit che – lontana dalle luci dei riflettori mediatici- opera e fa beneficenza da venticinque anni. “Quest’anno – racconta – abbiamo organizzato per i più piccoli i Jeux sans frontières regalando loro magliette sponsorizzate, divise nei colori dei 5 continenti. Erano sessanta bambini per quattro giorni, una forza della natura”,

Gemellaggi, adozioni a distanza, formazione professionale: “Dobbiamo favorire le loro risorse, dobbiamo occuparci noi di formarli e dare loro gli strumenti necessari affinché possano rimanere lì” dice don Antonio sottolineando come ancora prima del diritto a emigrare c’è il diritto a non emigrare e quindi il dovere della comunità internazionale di rimuovere la cause che obbligano chi è disperato a partire.

E concludendo: “A tutti quelli che hanno a cuore la vita e la sicurezza di quelle persone, a quelli che dicono che sono una risorsa, a quelli che sostengono che bisogna accogliere, suggerisco di andarli a prendere. Questo è il modo più sicuro, legale ed efficiente per evitare i morti e il favoreggiamento dell’immigrazione clandestina”.

 

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