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Media e web – La quantità conta davvero più della qualità?

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Conta più la quantità o la qualità? Dubbio amletico che attanaglia da sempre l’ambito giornalistico, soprattutto quello online, cioè virtuale, in cui, nel terzo millennio, la forma diventa sostanza, e dove l’importanza, o meglio la qualità, di una notizia coincide – drammaticamente – con la sua quantità. In altre parole: fraintendere l’interesse reale di una notizia con l’impatto che quella stessa notizia ha nel mondo del web.

Diventare virale insomma, per adottare un termine che nel passato si riferiva a qualcosa di malato; ad un virus ad esempio, oppure a un morbo, ad una piaga. Significato che non sembra distanziarsi di tanto con quello che la parola ha assunto al giorno d’oggi.

Si parla di virale, viralità e diffusione virale ogni qual volta una notizia, una fotografia, un brano musicale, più genericamente un’unità di informazione, si diffondono con velocità pressoché incontrollabile soprattutto nel web, a denotarne il grande successo di pubblico.

Così la definizione fornita dall’Accademia della Crusca.

Che poi, se qualcosa è virale sul web, lo diventa subito anche sul piccolo schermo o sui cartacei. E infine, last but not least, tra le mode c’è anche quella di pretendere i peana per chi quelle notizie le ha lanciate e che quindi ne raccoglie i frutti.

Dati ufficiali li chiamano, reperibili da chiunque dicono, a leader del settore si autoelevano.

Un successo, che pur se si può definire tale, si costruisce sulla frivolezza della popolarità. Alcune foto pescate sull’Instagram di una wags, rigorosamente senza veli, e qualche dichiarazione choc rimpastata da altre testate, magari più famose, ed ecco quel lavoro costante e certosino tanto paventato.

Senza dimenticare i fantomatici consigli dei vari guru del web che a volte misconoscono il significato di traffico naturale e la differenza tra quello diretto e quello derivante dai referral.

Ma c’è davvero bisogno di scriverne così tanto?

Se il giornalismo, almeno quello autoreferenziale, insegue questa ossessione della quantità, così assiduamente da elevarla a nuovo monolite, allora si corre davvero il rischio di sottovalutarne la veridicità. Secondo questo schema ha più diritto di pubblicazione una bufala di successo che non una notizia corretta, ma con poche condivisioni.

Meglio Justin Bieber di John Coltrane allora: ha venduto più dischi.

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