Pasquale Manganiello – Quello che la musica può fare è riunire migliaia di persone a Lioni per il concerto gratuito di Max Gazzè che infiamma piazza IV Novembre e regala un repertorio che trasuda rimembranze, percorsi di vita e prese di coscienza.
Accompagnato da grandi musicisti, l’artista romano rammenta la sua data di nascita (1967) confessando al pubblico che di acqua sotto i ponti ne è passata tanta: da quel mini locale interrato dei suoi inizi con una unica finestra rettangolare che dava sul marciapiede, al tour da tutto esaurito che sta esaltando il suo 2016 e quello dei fan accorsi in massa nel comune altirpino per farsi trascinare dal groove intellettuale del suo basso.
Gazzè ha proposto i suoi pezzi storici intermezzati da alcuni brani del suo ultimo lavoro che continuerà a portare in giro per l’Italia prima di espatriare per alcune date europee ed internazionali.
“Uomo di un presente diverso, entità metafisica che presto si impossesserà di me” – aveva detto il cantautore di “Maximilian”: il pubblico ha gradito, cantato e ballato per tutto il tempo del concerto, caratterizzato da momenti profondi e introspettivi (Mentre dormi, L’amore non esiste, Il bagliore dato a questo sole) e momenti di adrenalinico divertissement (Ti sembra normale, Sotto casa, A Cuore Scalzo).
Gazzè ha flirtato in maniera continuativa con la piazza strapiena e ha utilizzato i vuoti con maestria: il cardinale di Sotto casa o il mini documentario sul 1996, preludio del bis, o uno dei momenti che forse piace di più ad un cantautore, cioè raccontare la genesi di una canzone scritta tanti anni fa come per Vento d’Estate.
Note poetiche e controverse, testi intrisi di sottile ironia e, spesso, atmosfere spiccatamente rock per un “live” che ha soddisfatto in pieno le aspettative anche di chi conosceva Gazzè solo per le partecipazioni a Sanremo.
Max ha stregato Lioni: quello che la musica può fare.
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