Le mafie traggono linfa vitale “in soggetti sempre più giovani, impiegati in professioni poco qualificate o senza occupazione”. Lo scrive la Direzione investigativa antimafia nella Relazione sull’attività del primo semestre (gennaio-giugno) 2018 consegnata questa mattina, mercoledì 13 febbraio, al Parlamento sottolineando che, se da un lato le organizzazioni investono sempre di più su “imprenditori e liberi professionisti”, dall’altro puntano ad arruolare “operai comuni” e soggetti “in attesa di occupazione” nella fascia più giovane, quella tra i 18 e i 40 anni.
Nel dossier della Dia, uno sguardo è stato rivolto anche alla provincia di Avellino, per nulla indenne dal cancro della camorra.
Equilibri criminale mantenuti intatti nelle zone dove maggiore è la “pressione delinquenziale” ossia, Vallo di Lauro, Baianese, Valle Caudina, comprensorio Montorese-Solofrano, alta Irpinia e Arianese.
La Dia spiega dettagliatamente la suddivisione del territorio tra quattro clan (compreso quello dei Genovese). “A Quindici e in altri comuni del Vallo di Lauro opera la famiglia Cava e l’antagonista clan Graziano. Il primo dei due sodalizi estende la sua influenza anche nell’agro vesuviano e nolano tramite la famiglia Sangermano” mentre il clan Graziano estende il suo potere sull’alta Valle dell’Irno, al cnfine tra le province di Avellino e Salerno.
La Valle Caudina è terra del clan Pagnozzi “con proiezioni nelle province di Benevento, tramite sodalizi satellite, e Caserta, attraverso storici rapporti con il cartello dei Casalesi e gruppi dell’area marcianisana”.
I Pagnozzi sono operativi anche a Roma, dove, spiega la Dia, “il clan è radicato da anni con un ruolo di primo piano in diverse zone del quadrante sud della Capitale”.
Le attività prevalenti dei quattro gruppi criminali presenti sul territorio irpino sono: il traffico di stupefacenti e le estorsioni, anche se negli anni hanno dimostrato di saper intessere rapporti, di reciproco interesse, anche con le pubbliche amministrazioni locali.