Luca Cipriano svela Numeri,Sogni e Segreti del Teatro Gesualdo.

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Luca Cipriano: lavoro per portare Ennio Morricone, Luciano Ligabue e Roberto Bolle al Gesualdo, sogno di inaugurare il “Ridotto” alla Dogana e con l’aiuto di Renzi di cambiare il Pd, anche ad Avellino

Da sei anni alla presidenza del teatro Gesualdo, passando per due elezioni a consigliere comunale, sia con l’ex sindaco, Giuseppe Galasso, con il quale maturò l’esperienza anche di presidente della commissione cultura e poi la netta affermazione con oltre 600 voti nella squadra dell’attuale sindaco del capoluogo, Paolo Foti.

Luca Cipriano, ospite dell’angolo delle interviste del Magazine di Irpinianews, presso lo studio Giorgetti di piazza Libertà, racconta e si racconta.

Cipriano, partiamo da un dato, passano i sindaci, lei resta alla guida del teatro Gesualdo, sono ormai sei anni, 4 durante la scorsa consiliatura, due ad oggi, con il sindaco Foti. Un riconoscimento bipartisan, ma secondo lei per le competenze o perché lei è un portatore di voti di tutto rispetto?

“Ritengo che la nomina a presidente del teatro non sia un premio all’apporto elettorale. Anzi, credo che la prima volta da presidente io non abbia riscosso molta fiducia, registravo scetticismo intorno alla mia funzione.

Fui eletto con poco più di 300 voti, venivo considerato “lontano dalla città”. La mia nomina al teatro da parte di Galasso arriva dopo la “prova sul campo” come presidente della commissione cultura.

Ricordo che ero visto come il ragazzino, lontano dalle dinamiche politiche e che voleva assumersi responsabilità anche troppo grandi”.

Però non era la prima volta al comune di Avellino, aveva avuto già esperienze?

Si, come portavoce del sindaco Galasso nel suo primo mandato. La candidatura nacque da una provocazione e da un invito di Gerardo Bianco, che mi sollecitò a misurarmi con la ricerca del consenso. Accettai con un pizzico di incoscienza e fui ripagato con 300 voti.

Poi la commissione cultura fu una palestra?

Fu un punto di partenza ma impegnativo. Quella commissione da me presieduta fece cose concrete. Fu scritto il regolamento dell’Eliseo, tanto per fare un esempio, fu creato il progetto Sos Famiglia con l’assessorato alle politiche sociali, firmammo il primo ordine del giorno che vincolava l’amministrazione al restauro della Dogana e ebbi l’onore di presenziare alla prima audizione per il restauro della stessa.

Però lei riscuote consensi, o meglio non riceve aspre critiche dall’opposizione. Non si sente un po’ troppo trasversale?

Sicuramente negli ultimi due anni ho acquisito maggiore autorevolezza negli ambienti politici rispetto ai primi passi. Dalla prima nomina alla guida del Teatro Gesualdo ho dimostrato con i fatti che il Teatro è cambiato.

Questo lo riconoscono tutti.

Almeno riconoscono il cambiamento nelle dinamiche di gestione, sebbene spesso abbia attirato critiche a volte motivate molte altre per niente motivate, ma anche un consenso bipartisan, per cui all’atto della nomina ottenuta dal sindaco Foti ho raccolto i frutti di un rapporto dialogante anche con le opposizioni.

E visto che ci siamo, parliamo del Teatro e più generalmente della Cultura in città. E’ noto che la cultura è “un investimento a perdere” lo è anche per il Gesualdo?

Intanto il Gesualdo è un investimento a guadagnare. Perché negli ultimi anni ha registrato un utile di esercizio, certamente contenuto, ma non abbiamo dovuto mai chiedere un euro per ripianare i bilanci che sono in assoluto pareggio.

Ma quanto costa? E come si fronteggia la costante riduzione di contributi?

Il teatro costa 2,2 milioni di euro l’anno. Per l’attività gestionale ed artistica. 400 mila euro sono il contributo del Comune di Avellino, ridotto di 38 mila euro rispetto allo scorso anno, 200 mila euro il contributo della Regione, anche se nel 2013 ci fu l’incauta decisione di assegnare solo 63 mila euro. Un milione di euro proviene dalla vendita di abbonamenti e biglietti.

Mancano altri 600 mila euro? Da dove arrivano?

Duecento mila euro dal fitto del teatro, noi abbiamo messo a regime il sistema dei fitti del teatro con un sistema rigoroso, ma con tariffe competitive. Ancora ci sono 50 mila euro di sponsor, almeno questa è la previsione nel 2015, dopo gli 80 mila euro ottenuti nel 2014, ed infine i proventi derivanti dalle attività di servizi, orchestra, laboratori e scuole di teatro. Oltre a forme di partenariato.

Anche lo studio Giorgetti che ci ospita per l’intervista ci fornisce gli arredi.

Se i conti e i bilanci si vogliono leggere con onestà si comprende che sono trasparenti e sintomatici di una indiscutibile solidità, se li si vuole analizzare con la crudezza dei numeri. Il Gesualdo è una realtà in crescita. Se poi si leggono con il pregiudizio allora tutto si può dire.

cipriano
Io non sono molto avvezzo a distinguere tra artisti locali e non, chi è artista è artista e basta.

Anche senza il Comune che sborsa soldi il Gesualdo sarebbe già chiuso?

Questa è una polemica sterile e strumentale. Il Comune non sostiene l’attività del Teatro. E’ sicuramente una voce importante, ma dovunque è così. Bisogna riconoscere alla gestione del Gesualdo i suoi meriti e la capacità di auto sostenersi.

Sul fronte dell’offerta di cartellone, invece, non ritiene che possa essere migliorata? Come dire meno “Made in Sud” più qualità?

Le rispondo con una domanda: ritiene la Traviata del San Carlo di Ozpetek un titolo basso, popolare?, Il concerto di Uto Ughi, lo spettacolo di Toni e Peppe Servillo che ha girato il mondo, i maestri del Teatro come Paolini e Celestini nazional-popolari? Giudica Travaglio e Sgarbi espressione di un teatro cheap? Oppure Fiorella Mannoia, Arturo Brachetti, l’orchestra del Cimarosa che incontra il balletto di Mosca, ed ancora Proietti, i Momix, gli Stomp, offerta da teatro di provincia?

Però ammetterà che qualche volta si scimmiotta, si copia, quello che si vede già a Napoli?

A me non sembra che sia il Gesualdo sia la seconda linea dei teatri napoletani o italiani in genere. La programmazione è sintonizzata su quello che offre il mondo del teatro italiano e internazionale.

Non siamo fotocopia sbiadita di Napoli, ma siamo in linea con i grandi teatri di Napoli, Milano, Roma, Palermo. Siamo in competizioni con i centri nevralgici della cultura italiana in quanto ad offerta teatrale.

Se lei muove accuse in merito ad una presunta minestra riscaldata che viene propinata al Gesualdo, allora sta muovendo un’accusa ed una critica all’intero sistema teatrale italiano ed internazionale.

Poi, è evidente che dobbiamo proporre titoli che fanno cassa, che cadono su soggetti televisivi, sui comici partenopei, su spettacoli di richiamo popolare.

Ma insieme a nomi di secondo livello, non potrebbero trovare spazio proposte locali? Ci sono compagnie teatrali, associazioni, scuole di teatro che ambirebbero a calcare il palcoscenico del Gesualdo, cosa ne pensa?

Io ho un profondo rispetto per gli artisti presenti sul territorio e che operano da anni in maniera professionale, sia inteso, non amatoriale, ma il Gesualdo non è un teatro di produzione ma di scena.

E’ una scelta ereditata quando fu pensata la governance del teatro e questo in un certo senso condiziona il rapporto con il territorio. Ma va anche detto che il Gesualdo è un teatro con un palcoscenico di 500 metri quadrati e 1.200 posti.

Non si può pensare di saper guidare l’auto e voler partecipare ad un Gran Premio. Quando avremo un bilancio qualche migliaio di centinaio di euro da spendere in produzione potremmo guardare a mettere in scena spettacoli di qualità prodotti ad Avellino.

Per ora il Gesualdo è in fitto, chi ha la forza di riempirlo e occupare la scena come si deve può farne richiesta.

Del resto, io non sono molto avvezzo a distinguere tra artisti locali e non, chi è artista è artista e basta. Avellino e l’Irpinia hanno anche altri luoghi dove si fa, si “produce” teatro.

E’ un problema anche di luoghi?

Sicuramente. Il Gesualdo ha bisogno di un Ridotto. Con una capienza di 250/300 posti, con meno camerini, minor impegno necessario per la gestione, dove poter attivare un rapporto con le compagnie locali, con il teatro di sperimentazione, il teatro dei silenzi, dell’intimità della parola.

Dove fare il Ridotto del Gesualdo?

Nella Dogana. In nessun altro posto. E’ un progetto di assoluta coerenza. La Dogana è vicina al Gesualdo, si trova nel cuore antico della Città. Deve diventare un centro che funziona tutta la settimana, che abbia un bar sempre aperto, un ristorante sempre fruibile.

Ho sentito solo chiacchiere, ho assistito a convegni di bassissimo livello sul futuro della Dogana.

L’unica cosa sensata l’ha detta Ettore De Conliis, bisogna abbattere tutto, salvare la facciata facendo prevalere i vuoti, e utilizzando i locali terranei per i laboratori e la produzione.

Fa bene l’amministrazione ad accelerare il processo di recupero della facciata.

La gestione? Sempre in capo al Gesualdo?

Noi siamo pronti. Soprattutto con un progetto che produca reddito, guardando alle compagnie locali ed alla sperimentazione.

Crede sia possibile fare un discorso del genere nella città che per cultura intende bancarelle, peperoncini piccanti, ambulanti e poco altro?

Certamente manca un progetto organico di cultura. Come esiste un Puc, un piano colore ed un piano illuminazione va fatto un piano cultura. Partendo da una mappatura dei luoghi utili alla Cultura e stabilendo funzioni esclusive e precise.

Poi mettere mano ai piani di fattibilità economica e di gestione.

L’amministrazione non può abdicare al ruolo di regia del processo culturale in maniera organica.

Occorre individuare un modello gestionale, come deve essere, per esempio, anche per l’Eliseo.

E’ stato contattato dal sindaco per un consiglio sul regolamento dell’Eliseo? Crede che sia stata una provocazione quella di presentare un regolamento fotocopia già in uso?

Non ne ho idea. Non ho avuto alcun confronto.

Un “piano della Cultura” non si fa in un mese, non crede che il continuo avvicendamento in giunta non sia utile ad imbastire una strategia per la Cultura?

Tutto quello che lei ha indicato come cultura in città è sintomatico del male che sta a monte e cioè la mancanza di strategia, di organicità. Ci vuole tempo e soprattutto strumenti economici da non disperdere in contributi a pioggia.

Si candida a fare l’assessore alla Cultura?

Non sono disponibile. Ho assunto un impegno col Teatro, intendo portarlo a termine.

Cosa ne pensa del “comitatismo” mi passi questo termine? Questa abitudine per cui, chiunque la mattina si alzi ad Avellino si sente titolato a proporre soluzioni senza averci ragionato nemmeno per un secondo?

Il “comitatismo” come dice lei, nasce per colpa della mancanza di gestione politica. E’ frutto del vuoto politico, per cui ognuno si arroga, ma credo in perfetta buona fede, il titolo a gestire i processi.

Bisogna anche dire che i cittadini si stanno dimostrando più svegli e più vigili rispetto alla politica.

La politica ha il dovere di riprendere un ruolo. Ascoltare tutti ma non perdere la leadership nella guida dei processi.

Lasciamo il teatro, passiamo alla politica? Cipriano sta studiando da sindaco? Forte dei 652 voti raccolti alle scorse elezioni?

Non è nella mia agenda personale né politica. Ed è una funzione completamente diversa da quella che oggi svolgo.

Sto dedicando gli anni più importanti della mia vita, dai 33 ad oggi che ne ho 39 ad un esperienza fatta di concretezza e risultati.

Al di là delle ambizioni personali non mi candido a ricoprire un etichetta.

Alla luce dello stato di salute della maggioranza in consiglio comunale, non ritiene che il sindaco Foti abbia sbagliato l’apparentamento in fase di ballottaggio?

Prima di tutto ritengo che il sindaco sia seduto su una poltrona scomodissima.

Fragile, sotto il profilo politico, amministrativo e economico.

Detto ciò dico che non ha sbagliato, anzi credo che si poteva e si possa ancora allargare la maggioranza a sinistra, con quel mondo che oggi gravita intorno a Giancarlo Giordano e Nadia Arace che danno un contributo importante in termini di proposta.

Lei è iscritto al Pd? E’ soddisfatto?
Di Matteo Renzi si. E’ uno che ha capito che occorre correre. Basta stare fermi, al di là di qualche elemento di guascone ria credo possa portare l’Italia ai livelli di altri paesi. E’ chiaro che correndo c’è il rischio di inciampare e farsi male.

E’ evidente che le chiedevo del Pd di Avellino, però?

Non sono per nulla soddisfatto. No mi piace nulla. E’ un partito che non valorizza i talenti, che non è capace di parlare ai giovani, che non ha alcun dialogo con la città. Vedo il partito delle tessere, dei circoli, delle liturgie che non p in grado di interpretare lo spirito di cambiamento.

Io sono iscritto da sempre al Pd e spero che possa mutare ed in fretta. Ma fotografando lo scenario irpino non vedo competitors.

Dando fiducia agli attuali livelli istituzionali più alti del partito, spero che Rosetta D’Amelio, Valentina Paris e Luigi Famiglietti siano in grado di imprimere lo scatto necessario al Pd irpino.

Se le piace Renzi per il decisionismo, non può non gradire De Luca alla Regione?

De Luca ha trasformato Salerno, la Regione è un discorso diverso, ma per fare un esempio durante il governo della città di Salerno ha destinato 400 mila euro al teatro Verdi, ha fatto aprire nuovi teatri, ha portato eventi di marketing. E’ stato attento alla cultura e non solo.

In Regione avrà a che fare con problemi gravissimi, con una struttura incrostata di classe dirigente non all’altezza, di iperburocrati che comandano. De Luca mi piace, pur non conoscendolo l’ho votato e fatto votare.

Spero che possa fare alla regione quanto ha fatto a Salerno, ma 5 anni non bastano.

Chiederà qualche spicciolo in più per il Gesualdo al nuovo Governatore?

Credo proprio di si e spero che capisca che il nostro è un teatro al pari dei grandi teatri regionali e nazionali.

Chiudiamo con il Gesualdo, chi porterà ad Avellino, prima che termini la sua esperienza?

Beh, non faccio promesse, ma non nascondo che ho tre sogni, Ennio Morricone, Luciano Ligabue e Roberto Bolle.

Ma al di là dei sogni, mi piacerebbe che dopo di me il teatro Gesualdo non faccia passa indietro ma che cresca sempre.

All’insediamento ho registrato 780 abbonamenti, oggi chiudiamo a 1205 per la rassegna Grande Teatro e 935 conferme in prelazione per la rassegna “ReD – Risate e Divertimento.

Oggi abbiamo attività didattica, una stagione stiva di jazz internazionale mentre prima il teatro era chiuso. C’è un teatro che genera economie, indotto.

Una struttura che finalmente, anche se con grandi sforzi, ha una manutenzione ordinaria. Indietreggiare da questa condizione è facilissimo.

E prima di ogni intervento bisogna far presto a recuperare Piazza Castello che nelle condizioni attuali costituisce un handicap enorme che genera danni economici e di immagine incalcolabili.

(Intervista di Boris Ambrosone realizzata presso Giorgetti Studio in piazza Libertà ad Avellino – Foto copertina di Alessandra Valentino – Si ringrazia per la collaborazione Sertura Vini d’Irpinia )

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