Circa il 35,9% degli italiani è soggetto alla sindrome dell’intestino irritabile, ovvero un insieme di sintomi che vanno dai crampi alla nausea, dal gonfiore addominale alle fitte anche molto dolorose, dalla costipazione alla diarrea, che sono spesso accompagnati da ricadute a livello psicologico di non poco conto.
Solo in Italia il 35,9% dei pazienti soffre anche di ansia a livelli patologici, che nel 14,5% dei casi sfocia addirittura nella depressione. Si tratta di dati emersi da un recente studio dell’Aigo (Associazione Italiana Gastroenterologi Ospedalieri) in collaborazione con la Società Argentina di Gastroenterologia (Sage).
Parlando in termini statistici, lo studio, che ha coinvolto circa 700 pazienti reclutati in 29 centri tra il 2014 e il 2015, fa emergere che in Italia sono le donne a esserne colpite tre volte di più rispetto agli uomini (73% le donne, mentre 27% gli uomini) con un’età media di 43 anni.
La patologia porta con sé anche rilevanti ricadute relative alla qualità della vita: i pazienti giudicano infatti il dolore provato “elevato”, con pesanti interferenze sulle normali attività quotidiane. Per quanto riguarda l’aspetto della diagnosi e della terapia, si rileva ancora un largo ricorso a esami di tipo invasivo come può essere la colonscopia (in oltre il 40% dei pazienti), nonostante le linee guida internazionali non ritengano questo approccio necessario in un così largo numero di casi.
La sindrome del colon irritabile, come anche la stipsi e la dispepsia, non rappresenta di per sé una patologia quanto piuttosto un sintomo, cronico o ricorrente a seconda dell’entità e dei casi. Sono definiti nel loro complesso disordini funzionali del tubo digerente in quanto sono caratterizzati da alterazioni della funzione dell’apparato digerente accompagnate da dolore, gonfiore addominale, alterazione della defecazione.
Sono estremamente diffusi, tanto da riguardare tra il 10 e il 20% della popolazione dei Paesi occidentali, in base agli studi degli esperti.
La maggior parte delle persone può tenere sotto controllo i sintomi seguendo una dieta corretta (tra gli alimenti diffusamente sconsigliati orzo, grano, cioccolato, spezie, latte e derivati, alcol, bevande gasate o contenenti caffeina), imparando a gestire meglio lo stress e facendosi prescrivere farmaci appositi. Per alcuni pazienti, tuttavia, è necessario effettuare approfondimenti (tramite il consulto di specialisti), in quanto se trascurata la sindrome del colon irritabile può rivelarsi invalidante al punto da non essere più in grado di lavorare, viaggiare o di fare vita sociale.