L’Irpinia insegna: ecco quanto costano i terremoti allo Stato Italiano

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San Mango dopo il terremoto del 1980

Terra ballerina l’Italia, ogni anno i sismografi dell’Ingv registrano migliaia di terremoti nell’intero territorio dello Stivale. Fortunatamente soltanto una piccolissima percentuale di questi ha effetti catastrofici sulla popolazione come quello che ha colpito il Centro Italia (attualmente e nel 2009) o come quello che trentasei anni fa colpi l’Irpinia e la Basilicata radendo al suolo Comuni vicini all’epicentro come Sant’Angelo dei Lombardi, Lioni, Conza della Campania, Laviamo e Muro Lucano.

Parliamo di sismi superiori al magnitudo 6 (nono-decimo grado della scala Mercalli) che in altre nazioni – come il Giappone – non causano la perdita di oltre cinquanta persone. Lo scorso 16 maggio a Tokyo, un sisma con magnitudo 5.6, ha causato solo la temporanea chiusura per precauzione della metropolitana e delle centrali nucleari, senza neanche scalfire gli edifici.

Il punto sta nel non considerare, o considerare solo parzialmente, il nostro Paese come ad elevata sismicità e di non realizzare un’edilizia adeguata. I terremoti hanno un costo umano ed economico altissimo: da quello dell’Irpinia del 1980 fino a quello dell’Italia centrale di pochi giorni fa si stimano migliaia di morti e feriti e centinaia di migliaia di sfollati (escludendo il lato economico).

Uno studio del Consiglio Nazionale degli Ingegneri dimostra che i fondi stanziati dallo Stato per la ricostruzione post-sismica, negli ultimi cinquanta anni, superano la cifra di 121 miliardi. Come se in Italia si pagasse una tassa di almeno 5 miliardi all’anno solo per i terremoti. Per l’Irpinia, come si evince dalla grafica sottostante, sono stati stanziati 52 miliardi di euro, che saranno erogati fino al 2023. Costi che non considerano i danni indotti, cioè tutto ciò che non può essere ricostruito immediatamente (come, per esempio, il tessuto sociale ed economico di un paese o i danni irreversibili al patrimonio artistico).

Costo ricostruzione

 

Dati che, in termini di paragone, stridono in maniera allarmante con gli investimenti preventivi finanziati dallo Stato Italiano: a seguito del terremoto in Abruzzo del 2009 è stato istituito un Fondo per la prevenzione del rischio sismico, ma la cifra stanziata è misera: meno di un miliardo di euro da erogare in sette anni per una serie di interventi.

Il Consiglio degli Ingegneri, seguendo dati Istat, Cresme e Protezione Civile, afferma che ci vorrebbero 36 miliardi di euro solo per adeguare gli edifici ad elevato rischio sismico. Una somma cospicua in apparenza, ma che si dimostra minima se confrontata con quanto già speso per la ricostruzione post-sismica degli ultimi cinquant’anni.

Come a dire che prevenire il rischio sismico costa molto meno che ricostruire.

Di Renato Spiniello.

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