L’annuncio è stato diffuso poche ore fa direttamente dalla manifestazione conciaria nella sua newsletter e ha il suono della porta definitivamente chiusa in faccia a BolognaFiere, dove si era trasferita nel 1986, cinque anni dopo il debutto, fino alla rottura annunciata tre settimane fa. “In questo lungo periodo il mercato è cambiato profondamente – si legge nella nota – è nato il successo del luxury, è stato costruito il quartiere fieristico a Rho-Pero, la città lombarda è divenuta capitale del lusso, la moda ha imposto l’anticipazione dei calendari” e il quartiere espositivo bolognese “risultava superato e ostile nei confronti della tempistica necessaria a Lineapelle”.
Parole dure contro il quartiere emiliano, rincarate dalla segnalazione che le prenotazioni, fin dalle prime ore dell’apertura a Milano, anticipano un probabile aumento di spazi (per ora 40mila metri quadrati) e un incremento dei visitatori esteri. “Inizia dunque una grande e vincente strategia commerciale della pelle italiana e degli articoli complementari, leader nazionali ed europei”, rimarcano i vertici di Lineapelle, supportati dai distretti conciari. E’ arrivata oggi la lettera dei produttori di Solofra al sindaco bolognese Virginio Merola (schieratosi al fianco del presidente dell’expo locale, Duccio Campagnoli contro lo scippo milanese) per rimarcare la bontà della scelta di trasferire l’evento pellettiero a nord, nella capitale della moda. Lettera preceduta nelle scorse settimane da quelle dello stesso tono partite dai distretti di Arzignano e Valdarno e dal plauso del polo calzaturiero fermano-maceratese. Il settore conciario che si identifica in Lineapelle – la più importante fiera internazionale di pelli e componenti, con i suoi 1.100 espositori e 18mila buyer da 110 Paesi rappresentati da griffe, stilisti e produttori di calzature, abbigliamento in pelle, arredamento, interni auto – vale tra domanda e offerta 115 miliardi di dollari e un milione di lavoratori nel mondo. E il made in Italy fa la parte del leone in questa vetrina d’eccellenza: ogni quattro pelli finite esportate nel mondo una è italiana, un business che vale otto miliardi di euro (5,7 di export) e 40mila occupati.