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L’INCHIESTA/ Il giro della droga in Valle Caudina

Ilenia Gubitosa – Sono diversi i territori irpini presso i quali la criminalità organizzata riveste un ruolo primario nel traffico e nel commercio di droga, in particolare di hashish e cocaina, fruttando un giro di affari molto imponente per i clan.

A tal proposito, l’inchiesta di Irpinianews cercherà di analizzare, in diverse tappe, le aree irpine più coinvolte nel traffico di droga.

Tra le zone più operative, per lo spaccio di stupefacenti si può identificare, senza alcun dubbio, San Martino Valle Caudina. Un giro parecchio redditizio guidato dall’intreccio di diverse famiglie malavitose radicate da anni sul territorio. Quella della Valle Caudina, è una struttura criminale abbastanza disorganizzata alla quale manca uno stretto controllo; generalmente queste famiglie, affidano la gestione dei loro traffici a persone dotate di più carisma affinchè possano contrattare, mediare, interloquire ed avere un peso con altre realtà criminose in modo da espandersi sul territorio. Tanto che molto spesso chi “comanda” si ritrova anche a fare lo spacciatore.

In questi giri vengono garantiti, stesso sul posto, tutti i passaggi fondamentali per lo smercio della droga; dall’acquisto alla preparazione fino ad arrivare alla vendita. In tale scenario, per la conservazione dei grandi quantitativi di stupefacenti, i vertici si servono di “custodi” fedeli che sono addetti alla sorveglianza e che,  quando arrivano ordini dall’alto, procedono al prelievo della droga in chilogrammi per consentire lo spaccio giornaliero sulle piazze della Valle Caudina e nelle zone limitrofe. Tutto il circuito viene gestito soprattutto attraverso sim dedicate, si tratta di schede telefoniche intestate perlopiù ad ignari stranieri e attraverso le quali vengono inviati esclusivamente messaggi criptici.

Nel 2012 grazie ad un’operazione denominata “La Montagna”, che portò all’arresto di numerosi esponenti ed affiliati del clan Pagnozzi di San Martino Valle Caudina, è possibile inquadrare più dettagliatamente la gestione del giro criminoso finalizzato allo spaccio di droga nella zona. Le accuse, relative all’importante colpo inflitto ai Pagnozzi nel 2012, erano molteplici: estorsioni, detenzione e porto illegale di esplosivi e armi da sparo, tutti aggravati dal metodo mafioso, usura, tentato omicidio ma soprattutto traffico di sostanze stupefacenti, detenzione e cessione continuata di droga.

Infatti sono diverse le indagini che hanno portato alla conclusione che Domenico Pagnozzi, detto “Mimì ‘o professore”,  sia il capo dell’omonimo clan di San Martino Valle Caudina e che nonostante sia richiuso in carcere pare che abbia ancora il potere di gestire, attraverso suoi fidati e familiari, le dinamiche criminose della zona e non solo. A tal proposito, secondo quanto emerso dall’inchiesta ‘Camorra Capitale’, il gruppo dei Pagnozzi, operava stabilmente anche nella zona sud-est di Roma e, in particolare, nel quartiere Tuscolano.

Ma qualche giorno fa la criminalità organizzata di San Martino Valle Caudina è tornata in primo piano, con l’attentato ad uno  storico boss del clan Pagnozzi. Si tratta dell’agguato a Clemente Fiore che è avvenuto ad opera di  Salvatore Di Matola, 35enne pluripregiudicato del posto; il ragazzo si trovava agli arresti domiciliari quando ha deciso di violarli in occasione della  sparatoria e dopo essersi dato alla fuga è stato arrestato dai carabinieri di Avellino.

Salvatore è anche il fratello del detenuto  Gianluca Di Matola che ha ucciso Orazio De Paola nel 2020, per poi essere  condannato per quell’omicidio a 18 anni di reclusione.

Dunque, pare che i De Paola, un’importante costola dei Pagnozzi in Valle Caudina, tentino da tempo  di reclutare i Di Matola  per lo spaccio di stupefacenti nelle zone sotto il loro controllo, evidentemente senza ottenere buoni risultati. Pertanto la lotta tra gruppi rivali su San Martino, per la gestione dei giri criminosi e soprattutto per lo spaccio di droga, sembra sia ancora in corso.

Certamente i due fatti di sangue, avvenuti nel giro di poco più di due anni, testimoniano delle frizioni in atto tra le compagini malavitose della Valle Caudina.

Alla luce di ciò, sono molteplici gli interrogativi da sciogliere legati alle dinamiche di questo territorio. La faida tra gruppi rivali potrebbe essere motivata proprio dal fatto che non esista un capo indiscusso al di sopra di tutti? Ciò potrebbe aver causato disordini in un territorio che si trova alla ricerca di un vero capo che attualmente non c’è? Infine, il più importante dei dubbi, per quanto continueranno le sparatorie in pieno stile “Far West” in Valle Caudina?

Leggi anche la prima parte dell’inchiesta: Il viaggio della droga in Irpinia

 

 

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