Marco Grasso – Sono passati quasi sette anni dalla chiusura dell’ex Irisbus di Flumeri. Dalla disperazione di quel lontano luglio del 2011 si è passati, attraverso giorni e giorni di lotta e protesta, alla speranza degli ultimi mesi, interrotta, bruscamente, dalle dichiarazioni, decisamente poco concilianti, rilasciate da Stefano Del Rosso a Irpinianews.
Qualcosa, è chiaro, si era rotto già prima. Colpa del Governo, che per mesi ha dato per certo ed imminente l’arrivo di un nuovo investitore pronto a sostenere Industria Italiana Autobus, naturalmente di Del Rosso, evidentemente non in grado di gestire da solo un’operazione così complessa, e del sindacato, troppe volte confuso e diviso su obiettivi e priorità. Gli unici che non meritano appunti sono i lavoratori.
Non sempre hanno remato tutti dalla stessa parte, non sempre sono stati utili e collaborativi, ma a loro vanno riconosciute di diritto tante attenuanti e, soprattutto, tanti meriti, primo fra tutti quello di aver riaperto una vertenza data per morta e sepolta. E invece, a dispetto di tutti, a partire da chi oggi si autocelebra per impegno e abnegazione, quel manipolo di tute blu ha tenuto accesa la fiammella della speranza anche quando sullo stabilimento di Flumeri era calato il buio più fitto.
Hanno creduto, combattuto e lavorato, andando ben oltre titoli di studio, competenze e conoscenze, al progetto del polo unico nazionale per la produzione di pullman che, in prima battuta, aveva fatto storcere il naso a professori e ministri. Poi è arrivato Del Rosso. Simpatico, conciliante, rassicurante ha conquistato un po’ tutti. Certo, in quella fase di disperazione era fin troppo facile aggrapparsi alla speranza, in qualsiasi forma si fosse presentata.
Ma quell’imprenditore sembrava davvero l’uomo giusto al posto giusto. Ha creduto in quel progetto e ridato una prospettiva allo stabilimento di Flumeri, tirando dentro, nella sfida del polo unico, anche l’ex Bredamenarini di Bologna. Non c’è dubbio che il Governo gli abbia dato una mano consistente, ma Del Rosso si è buttato nella mischia, lavorando senza sosta ad un progetto articolato che ha incontrato più di un ostacolo lungo l’asse Flumeri-Bologna.
Anche in questo caso il sindacato non è esente da colpe, soprattutto quello emiliano che, sollecitato dai lavoratori, ha provato in tutti i modi a mantenere il marchio di industria pubblica. Una remora che, sostengono in tanti, fatica ad essere rimossa e, forse, rappresenta ancora oggi il principale freno lungo il tortuoso percorso della rinascita.
Tutto questo prima delle ultime parole di Del Rosso. “Produciamo pullman dove vogliamo”, ha risposto stizzito l’imprenditore quando gli è stato chiesto conto sulla produzione di autobus in Turchia. E ancora: “Se vuole decidere, il sindacato cacciasse i soldi e investisse” ha replicato, innervosito dalle richieste di chiarezza su alcune operazioni di fitto definite a Flumeri nei giorni scorsi. Quelle parole, così nette e crude, hanno scavato un solco, alzato un argine che non sarà facile rimuovere. Certo, la posta in gioco è ben più alta di qualche parola non proprio diplomatica, ma ora non si può più temporeggiare, non c’è più margine di errore. Bisogna andare dritti alla meta, prima che la disperazione riprenda il posto della speranza.
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