LETTERE AL DIRETTORE/ “Politica e sindacato hanno abbandonato l’indotto ex Irisbus”

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Egregio Direttore,
sono l’amministratore unico di una società che ha fornito servizi di ingegneria all’IRISBUS dal 1999 al 2011 e dal 2009 ad oggi sta fornendo parti metalliche ad IRISBUS (oggi IVECO BUS).

Dalla chiusura dello stabilimento di Valle Ufita le forniture sono continuate nei confronti degli stabilimenti francesi e di quello in Repubblica Ceca.

Mi informo costantemente sugli sviluppi della vicenda IAA nella speranza che venga riaperto lo stabilimento di Valle Ufita.

Ho anche partecipato ad un gruppo di aziende fornitrici dello stabilimento di Valle Ufita che hanno cercato di far sentire la loro voce (“ex indotto Irisbus”).

Da qualche mese non ne faccio più parte.

All’indomani della chiusura dello stabilimento proposi ai colleghi facenti parte del gruppo di valutare l’opportunità di proporre una soluzione che ci vedesse direttamente coinvolti nella continuità della produzione di autobus. La proposta prevedeva lo partecipazione delle maestranze IRISBUS, in una sorta di management buy out, e l’accordo con Iveco per il fitto di ramo di azienda, con la possibilità da parte Iveco di rientrare in possesso dell’opificio al termine del periodo di fitto. Ognuno di noi avrebbe dovuto investire apportando le proprie competenze.

Le aziende del gruppo, ad eccezione della “drive line” (autotelaio), fornivano componenti di metallici per la quasi totalità della carrozzeria degli autobus prodotti in Valle Ufita. In aggiunta la divisione di ingegneria della mia azienda ha effettuato oltre 60 attività tecniche, dalla semplice disegnazione alla progettazione di elementi di carrozzeria ed elettrici.

L’esperienza più significativa è stata l’affiancamento dell’ingegneria Irisbus nella progettazione ed industrializzazione del New Domino. Attività praticamente interamente svolta dai miei tecnici, che lavoravano all’interno della stabilimento di Valle Ufita. Negli anni abbiamo anche progettato e realizzato attrezzature di produzione ed abbiamo, altresì, adeguamenti funzionali su macchinari ed impianti Irisbus.

Considerata la competenza acquisita dalla divisione di ingegneria, la mia azienda si sarebbe fatta carico di progettare nuovi modelli, curandone la prototipazione. La proposta prevedeva, altresì, che nella fase di prototipazione la divisione manufacturing della mia azienda ed i restanti partner avrebbero dovuto fornire gli elementi prototipali di carrozzeria, acquistando da terzi quei componenti non prodotti dalle stesse aziende. Lo sviluppo dei prototipi sarebbe avvenuto all’interno della stabilimento di Valle Ufita con il coinvolgimento delle maestranze ex Irisbus.

Ing. Pasquale Graziosi
Ing. Pasquale Graziosi

L’attenzione dei media è stata pressoché totale nei confronti delle maestranze Irisbus. Non si è prestata la benché minima attenzione nei confronti delle aziende dell’indotto in conseguenza della chiusura dello stabilimento.

La chiusura repentina della fabbrica Iveco ha avuto un impatto fortemente negativo su di queste, molto superiore a quanto stanno subendo le maestranze ex Irisbus.
Non solo i media, ma anche la Classe Politica ed il Sindacato (il “Territorio”), hanno omesso di considerare le aziende irpine e quelle non irpine che avevano installato proprie sedi operative in Campania a supporto dello stabilimento di Valle Ufita.

Oggi le aziende non irpine non ci sono più.

Parimenti alcune aziende irpine non ci sono più. Altre hanno dovuto ridurre il numero dei dipendenti. Ed altre ancora, come la mia, sono riuscite a limitare i danni in quanto hanno potuto fornire componenti agli stabilimenti europei Irisbus.

Ma ciò potrebbe avere fine, in quanto, trattandosi spesso di elementi di non complessa realizzazione, Iveco Bus, nell’ottica della riduzione dei costi, sta selezionando fornitori di prossimità, pur continuando a richiederci preventivi.

Il mercato globale impone il contenimento dei costi di produzione ed una delle politiche adottate dalle grandi aziende consiste nella ricerca di soluzioni alternative, effettuando continui paragoni con quanto offrono le realtà produttive allocate nei pressi degli stabilimenti.

In altri casi le grandi aziende tendono ad accorpare le forniture per diminuire i costi di gestione (negoziazione, logistica, qualità).

Anche la crisi che stiamo attraversando ha influito negativamente sui destini delle aziende irpine, in quanto il mercato asfittico ha limitato le occasioni di incrementare il portafoglio Clienti. In questo scenario poche sono riuscite a diversificare il business. Sono state capaci di farlo le poche aziende che hanno investito in innovazione.

Come la mia, che destina, altresì, larga parte dei proventi alla continua formazione dei propri dipendenti.

Ing. Pasquale Graziosi (Ekd project srl)

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