Le interviste di Irpinianews – Valentina Paris: il centrosinistra non serve se non diventa la coalizione che serve al Paese per progredire

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Michele De Leo – Onorevole Paris, siamo pronti a chiudere un anno da dimenticare. Tra tanti problemi e rinunce, si è trovato il tempo per le elezioni regionali. La abbiamo vista presente in diversi appuntamenti elettorali ma manca un po’ quel protagonismo che ci si aspetta da un ex deputato. Sta pensando di lasciare la scena politica?

“Il 2020 è un anno davvero durissimo: credo sia necessario non dimenticare mai il dolore, le perdite e i sacrifici che le popolazioni stanno affrontando. Al contempo, è dovere di tutti lavorare per costruire una memoria condivisa di questo tempo in cui stanno aumentando le disparità. La politica deve svolgere questa duplice funzione: ricostruire soggetti collettivi che rappresentino istanze vere e agire affinché si riducano le diseguaglianze. L’impegno civile, la militanza sono parte della mia identità, ma l’intensità del protagonismo cambia in relazione alle fasi della vita, alle caratteristiche individuali di ciascuno di noi. Sono una dirigente del Partito Democratico ma anche una donna lavoratrice e una madre, pronta a dare una mano se e quando serve”.

Le urne hanno confermato Vincenzo De Luca sullo scranno più alto di palazzo Santa Lucia: l’ex sindaco di Salerno ha raggiunto l’apice del gradimento proprio con l’appuntamento delle elezioni regionali. Può essere il Governatore il punto di riferimento per un rilancio del centrosinistra a livello campano e nazionale?

“Il Governatore De Luca è già punto di riferimento istituzionale del centrosinistra, proprio in virtù del grande consenso conseguito alle ultime regionali. Il rilancio del centrosinistra oggi non è più una questione nazionale: la pandemia ha evidenziato ancor di più quanto il mondo sia interconnesso e quanto l’Italia debba svolgere un ruolo di stimolo in Europa. Il centrosinistra deve essere la coalizione politica che serve al Paese per progredire, scardinando rendite di posizione, conservatorismi e diseguaglianze. Per fare questo servono grandi energie, generosità e voglia di contribuire a costruire un mondo più giusto. O il centrosinistra diventa questo o non serve e non servirà, nemmeno come soggetto di contrapposizione sterile a populismi e destre estreme”.

Il centrosinistra ha stravinto le elezioni regionali ma, a cinque anni dall’approdo di De Luca al vertice della Regione, non si registra l’en plein degli eletti. Peraltro, non sono mancate polemiche e accuse tra iscritti del Partito Democratico che si sono candidati in schieramenti diversi. Come se ne esce?

“Il meccanismo di attribuzione dei seggi in consiglio regionale è un delicatissimo punto di equilibrio tra rappresentanze territoriali (con consistenze estremamente differenti) e rappresentanze politiche. In questa tornata in particolare il cospicuo numero di liste ha determinato una maggiore dispersione di voti tra i tanti candidati. Le competizioni elettorali sono il momento più alto di conflitto tra parti. Tutte le ambizioni a candidarsi sono ipoteticamente legittime ma chi accetta di far parte di un soggetto collettivo si attiene alle decisioni assunte dalla maggioranza e da chi ha l’onere e l’onore di decidere la migliore rappresentanza possibile di una comunità politica”.

Il Covid sembra aver cancellato la possibilità di celebrare il congresso provinciale. È la soluzione di tutti i mali del Pd irpino che da troppo tempo è alla ricerca di una guida stabile? Come giudica la reggenza di Cennamo?

“Non ho mai creduto che la celebrazione dei congressi fosse la strada per unire: i congressi nei partiti devono essere momenti di confronto su opzioni politiche tendenzialmente differenti. Sta a chi vince, dopo, dimostrare volontà e capacità di rappresentare tutti. Sarebbe preferibile, se si perde, accettare il risultato e non finire in tribunale: quando una comunità politica si ritrova ad essere giudicata dalla magistratura ordinaria hanno comunque perso tutti. Per ricomporre i cocci, piaccia o no, serve un commissario e Cennamo sta provando a rimettere insieme i pezzi: va ringraziato per l’esempio e la generosità – in un tempo così buio – in cui una delle cose che più manca è l’impegno politico non connesso ad interessi personali, di carriera o di gruppi di filiera”.

Ha provocato polemiche la decisione del Governatore di assegnare a Rosetta D’Amelio la delega alle pari opportunità. Senza voler mettere in discussione lo spessore e il peso specifico dell’ex sindaco di Lioni, non sarebbe il momento di pensare ad un rinnovamento degli uomini prima che delle idee?

“Prima le idee e la capacità di farle vivere nella società, sempre. Poi si può discutere di quale sia il profilo migliore per rappresentarle”.

Il coordinatore di Centro Democratico Giuseppe Solimine ha detto che “non è tollerabile far rientrare dalla finestra chi è uscito dalla porta”. La nomina del Governatore assicura una seconda opportunità alla D’Amelio, bocciata dall’elettorato, contrariamente a quanto avvenuto con lei e Famiglietti dopo la mancata riconferma in Parlamento. È un po’ rizelata per il trattamento ricevuto dal partito?

“Ho rispetto per le opinioni di tutti, ma – come immagino sappiano bene tutti coloro che hanno sostenuto il Governatore – è suo costume circondarsi di persone di estrema fiducia per deleghe specifiche. Molti tra i non eletti, infatti, svolgono ruoli di supporto e consulenza su specifiche questioni. Aggiungo che sulla delega alle Pari opportunità c’è stata una forte spinta delle democratiche della Campania che ha portato al riconoscimento della D’Amelio. Per quanto riguarda la mia esperienza, io e il Partito Democratico viviamo da molti anni una relazione equilibrata: è stato per me il luogo della formazione, politica e di vita, ho dedicato alla costruzione del Partito Democratico tempo, energia e passione e continuerò a farlo fino a quando lo riterrò uno strumento utile all’emancipazione collettiva”.

Come giudica quest’alleanza con i Cinque Stelle? Può essere l’apripista per la nascita di una nuova coalizione di centrosinistra?

“Il movimento Cinque Stelle che oggi vota la risoluzione sulle modifiche al Mes, che modifica i decreti Salvini sull’immigrazione, che sta rivedendo “quota cento” non sembra più quello che dava ai Democratici dei mafiosi o quello che doveva aprire il Parlamento come una scatola di tonno. E questo è sicuramente un bene per la nostra fragile democrazia. Vorrei, però, sottolineare che è anche il risultato di tanti “pizzichi sulla pancia” che noi democratici abbiamo saputo darci nei mesi per non rivangare quotidianamente il ruolo che i grillini hanno avuto in un recente passato in cui il linguaggio d’odio tipico delle destre e un forte sentimento anti-europeo li ha visti coprotagonisti”.

Dopo la brutta pagina del 4 marzo del 2018, con il Pd che ha toccato il punto più basso, il partito sembra aver recuperato appeal nonostante gli abbandoni pesanti di Renzi e Calenda. Il futuro è ancora rappresentato dal Partito democratico?

“Essere democratici in questo tempo di paure e insicurezze è praticamente una scelta di vita. Rappresentare il Partito Democratico sia quando raggiunge il 40%, il 18% o il 25% e, soprattutto, a prescindere dal ruolo che si ricopre, è un dovere verso un collettivo politico che pratica i valori della democrazia. Certo è che l’Italia di oggi non è quella del 2008 e portare il Pd nel futuro è una sfida vera per l’attuale classe dirigente”.

L’Irpinia prova a guardare al futuro e fa all in sulla stazione dell’alta Capacità. Può essere davvero questa la svolta per una provincia che continua a perdere residenti e giovani? Come si tampona in attesa della concretizzazione di un progetto comunque ambizioso?

“La Stazione Hirpinia è un tassello importantissimo per il nostro territorio, soprattutto perché è parte di una grande strategia di mobilità europea. Non abbiamo scommesso sulla possibilità di far tornare a casa qualche bella mente o di evitare che in troppi vadano via. Abbiamo fortemente voluto che un territorio periferico diventasse il fulcro di nuova mobilità, d’incontro e scambio di uomini e merci. Il modo in cui i soggetti pubblici e privati coinvolti agiranno condizionerà fortemente il risultato: potremmo infatti trovarci a raccontare di un’opera eternamente incompiuta come accaduto in passato o portare davvero l’Europa in Irpinia che è un po’ il sogno di una nuova generazione che ha deciso di restare e produrre o addirittura di tornare proprio durante la pandemia approfittando delle possibilità dello smart working”.