L’avvocato Livia Rossi ne è certa: l’Appello è sicuro. La sua è stata l’arringa più lunga, più di due ore. Difende Elena Gioia. Ed è certa che il vizio parziale di mente della sua assistita ci sia. Sarà proprio questo che proverà a dimostrare nel processo di secondo grado. Ma ora, la professionista del foro di Roma, si concentrerà sulle motivazioni delle sentenza emessa dalla Corte di Assise di Avellino.
Ritiene, l’avvocato Rossi, che per una ragazza come Elena, considerata anche la sua età e le sue condizioni che la sua difesa ha provato a mettere in luce, che sarebbe stato auspicabile contenere la pena nei confronti dell’imputata. “Ci sono – dice – alcuni fattori che andavano considerati. Però, non voglio dare giudizi anticipati, voglio leggere prima la sentenza e poi la impugneremo nelle sedi opportune”.
Le “reazioni” di Elena, della mamma e della sorella nelle parole dell’avvocato: “Chiaramente si sapeva quello che si rischiava, è un tipo di contestazione per cui si rischia anche l’ergastolo. Nessuno si aspettava miracoli. Elena non ha mai negato la propria responsabilità per l’accaduto. Certo, considerato che lei ha 19 anni, 24 anni non sono una passeggiata di salute. La mamma è una persona coraggiosa e molto forte, ma si trova senza dubbio in una posizione scomoda. La famiglia era dunque consapevole a quello a cui andava incontro Elena. Ci aspettiamo che un giudizio di impugnazione possa rivedere le cose”.
Il legame tra Elena e la sua famiglia non si recide. “Elena – sostiene l’avvocato Rossi – non è mai stata lasciata sola. La famgilia continua a starle accanto”.