L’appello agli uomini de La Destra di Eugenio Laurenzano

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Dal componente Comitato Etico Nazionale de La Destra Eugenio Laurenzano riceviamo e pubblichiamo l’appello agli irpini di Destra: “Dopo averla abbandonata (Fiuggi 1995) con la omertosa complicità di uomini disseminati sull’intero territorio italico, Gianfranco Fini ha demolito la “casa del padre” riducendo in cenere quei valori di fede e di limpidezza politica in cui moltissime generazioni di giovani e meno giovani hanno creduto con fermezza e sacrifici sulla scia ideale tracciata da Giorgio Almirante. Alla vigilia della scomparsa ufficiale dallo scenario politico di Alleanza Nazionale condannata dai suoi stessi vertici a dissolversi in un calderone pronto ad accogliere provenienze da contrastanti etnie politiche, si ha il dovere – storico oltre che morale – da parte di quanti nei parametri valoriali della destra credono, per convinzione e non per convenienza, di chiedersi se sia lecito sottoscrivere abiure per assicurarsi o assicurare ad altri l’accaparramento del potere, annullando anni di vita parlamentare affidati alla storia del nostro Paese e vissuti nel pieno e convinto rispetto delle regole della democrazia. Un potere che potrebbe risolversi nell’arco di una stagione con la conseguenza drammatica di lasciare sul campo le macerie di un intero settore politico e di consegnare quindi in toto la guida della nazione alla controparte. Da qui il dovere di chi per anni si è professato di destra di riflettere su quanto sta avvenendo; da qui l’intelligenza di proiettare il presente nel futuro da parte di chi ha creduto convintamente, senza nostalgismi di maniera, nella giustezza dei postulati che per circa mezzo secolo hanno alimentato il vecchio Movimento Sociale Italiano, da Michelini ad Almirante. Ciò che sta avvenendo nel centrodestra non è dettato dal nuovo sistema elettorale come si vorrebbe far credere, dato per scontato che in Italia – per una serie di ragioni, culturali e storiche – al di là del bipolarismo non si andrà; si illude, infatti, e tenta di illudere l’opinione pubblica chi immagina di giungere al bipartitismo. Ciò che sta avvenendo in questo settore della politica nazionale va sviluppandosi sull’onda di un camaleontismo senza precedenti che nulla ha a che vedere con il revisionismo posto in atto dalla sinistra. Se l’ipotesi dell’assetto politico bipolare e non bipartitico alla fine, come è facilmente prevedibile, risulterà predominante e quindi vincente, chi oggi sta per gettare alle ortiche la casacca di destra per indossare, per mera convenienza, il camice della indefinibilità avrà di che pentirsi. Solo allora, forse, apparirà chiaro il disegno di chi ha tentato di mettere nell’angolo la destra, ostacolando nei fatti un antico movimento nazionale ben deciso a concorrere con la propria identità all’edificazione della comune casa di centrodestra e consentendo, invece, a movimenti autonomisti e secessionisti di partecipare al progetto. Con amarezza registriamo che gli uomini del vertice di Alleanza Nazionale, affetti da una smodata libido di potere e contagiati in questo da quel “chi” o da quei “chi” che del potere ha fatto o hanno fatto l’arma vincente per conseguire risultati estranei alla politica, si sono immessi in una strada senza ritorno in nome di un comodo e pretestuoso impulso di modernizzazione che altro non è se non trasformismo. Di fronte ad un così clamoroso “sciogliete le file” ci chiediamo: ma la base di quel partito, fatta di militanti intellettualmente onesti, come mai non avverte la necessità intima di opporsi allo scioglimento di una comunità – umana prima che politica – imposto manu militari da chi ha persino consentito, con la complicità altrui, che gli elettori venissero privati della facoltà di scegliere i propri rappresentanti in parlamento? E’ mai possibile che il lavaggio mentale abbia potuto distruggere la dignità di migliaia di militanti di destra? Se il bipolarismo è sufficiente per rendere la macchina politica più efficiente e più europea, quale necessità c’è di fondere strutture diverse, con storie diverse, con culture diverse? Diano una risposta a tali quesiti coloro che, marciando verso la grande ammucchiata, ancora ingenuamente continuano a professarsi di destra senza avvedersi o fingendo di non avvedersi che ormai non appartengono più alla destra. Sono una cosa diversa! Un sentimento di cristiana pietà ci pervade nel constatare che uomini che pure hanno dato il meglio di se stessi alla destra almirantiana anche in questa provincia oggi vengono quantizzati sulla base di una stucchevole spartizione percentualizzata che rappresenterà la viacard di quell’incolore calderone che sarà il cosiddetto Popolo della Libertà. Agli Irpini che non hanno timore di affermare di essere di destra e che non intendono affatto confondersi nel nulla, a coloro che non avvertono affatto la necessità di dover rinnegare un passato – e ci riferiamo a quello che ha avuto inizio nel 1946 con la fondazione del Msi – che ha accomunato intere generazioni, sottoposte per lunghissimi anni ad angherie e criminalizzazioni in nome di quel famoso “arco costituzionale” che alla fine, franando, ha sepolto i suoi stessi artefici, a questi amici rivolgiamo un invito: non disperdiamo storia, tradizione, cultura. Il movimento di Francesco Storace tra qualche mese andrà a celebrare il primo congresso nazionale: incoraggiamo con l’orgoglio tipico dell’uomo di destra questo evento che renderà giustizia a tutti quei giovani e non giovani che hanno sacrificato la vita per un ideale che altri oggi vorrebbero sciaguratamente annientare. Chi esce dal fiume della tradizione è destinato a perdersi nel mare della decadenza!

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