Irpinianews.it

L’analisi – Meglio tardi che mai: Rastelli rimedia con lo specchio del Pescara in frantumi

Avellino Pescara Massimo Rastelli

Avellino Pescara Massimo Rastelli

Quando la prestazione lascia molto a desiderare, vuoi per l’aspetto mentale richiamato più volte in causa nell’ultimo periodo dai diretti interessati vuoi per la deficitaria condizione atletica certificata nel post Crotone, il cambio di modulo può lanciarti il salvagente e consentirti di svoltare in una domenica altrimenti da dimenticare. E’ accaduto al pazzo Avellino, capace di reagire con l’aggiustamento tattico e la forza dell’episodio dopo essere stato ad un passo dallo sprofondo totale.

Proprio così, perché i biancoverdi, dopo aver incassato il primo gancio sul frizzante asse Brugman-Pettinari, hanno rischiato il tracollo una, due, tre volte. Se il Pescara non si fosse presentato al “Partenio-Lombardi” con lo specchio in mano, la partita sarebbe finita già dopo mezz’ora.

A proposito di specchio, Marco Baroni lo ha utilizzato credendo che l’Avellino tornasse a schierarsi dall’inizio col centrocampo a rombo. E la mossa si è rivelata felice ben oltre le aspettative, visto che, al contrario, il dirimpettaio Massimo Rastelli ha confermato il 3-5-2 nella convinzione di poter limitare le fasce dell’atteso 4-4-2 pescarese. Per farla breve ed uscire dal rompicapo: Baroni ha preso il sopravvento grazie alla superiorità numerica di un rombo con abili palleggiatori e dispensatori di gioco su tutti i suoi vertici.

L’eccesso speculativo ha premiato l’ex tecnico del Lanciano che, al di là degli esasperati tatticismi, ha dimostrato di avere il sale non solamente in tasca per tirarlo fuori in maniera scaramantica sul terreno di gioco prima della partita, ma anche nelle idee di gioco, depositarie di un calcio spavaldo e propositivo.

Rastelli, dal canto suo, ha modificato in corsa l’assetto dell’Avellino con l’ingresso di Zito che ha determinato la parità di uomini in mezzo al campo. Mossa azzeccata, che tuttavia non cancella le perplessità su alcune scelte iniziali. Fabbro, infatti, per caratteristiche fisiche non è l’uomo adatto per tenere testa al dinamismo che l’intero parco attaccanti del Pescara ha nelle proprie corde. Ancora, Almici come interno destro è stato provato in allenamento ma è parsa, per usare un eufemismo, una forzatura in piena regola, considerata anche la disponibilità nel ruolo in causa di Schiavon e D’Angelo, letteralmente snobbati dal tecnico biancoverde.

Il mutamento tattico ha dato i suoi frutti nella ripresa, complice anche l’ingresso di Sbaffo. L’Avellino ha guadagnato metri nei confronti dell’avversario ricevendo in cambio l’episodio della svolta, vale a dire il tocco col braccio di Salamon nato da una bella combinazione palla a terra fra Trotta e Zito. E’ stato l’innesco della rimonta edificata dal dischetto, completata di forza e rifinita col fioretto. Anche l’1-0 sul Latina maturò in modalità simili: accorgimento tattico proteso verso il 4-3-1-2 ed episodio cruciale del rigore fallito da Olivera a fungere da scintilla del successo biancoverde.

E’ andata di lusso a Rastelli che in qualche modo ha riportato l’entusiasmo dopo aver seminato depressione alla vigilia con la personale interpretazione del fallimento stagionale. Il rettangolo verde ha ridato ossigeno alle chance play-off dell’Avellino, ma sullo sfondo restano le parole pronunciate in netta controtendenza rispetto ai piani della società, che settimane addietro ha fornito la sua versione ufficiale di fallimento. Questione di obiettivi, ma anche di feeling tra le parti che sembra scemare partita dopo partita.

Gli attori in causa ne discuteranno a tempo debito. La parola adesso resta al campo. L’acuto sul Pescara ha rianimato l’ambiente biancoverde, consapevole di gettare lo sguardo ben oltre il 26 maggio. Magari dopo Bologna il quadro sarà più chiaro e l’Avellino saprà se potrà spingersi fino al 9 giugno. Un gioco al rialzo che in proiezione alletta la Rastelli band, pericolosa mina vagante che ha ritrovato orgoglio e fame in grado di sorprendere chiunque. E di scacciare il pericoloso imbarazzo di dover definire fallimentare soltanto una retrocessione.

 

Exit mobile version