L’analisi – La svolta di Rastelli: l’Avellino osa ed è ancora vivo

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catania avellino
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Modulo inedito ed imprevedibile con gli interpreti giusti: così Massimo Rastelli ha mutato la sua filosofia dopo la lezione del Perugia

A guardare il trend di marzo, verrebbe da dire che l’Avellino abbia smarrito la propria carta d’identità. In effetti il quarto scivolone in cinque partite è grasso che cola nel piatto degli amanti dei numeri e delle statistiche (in tal caso negativi e votati al ribasso), ma sul piano della prestazione la squadra biancoverde ha dimostrato di essere viva più che mai. A risentirne è classifica nella quale i lupi hanno praticamente alzato bandiera bianca per la Serie A diretta, virando su un piazzamento privilegiato – terzo o quarto posto – in ottica spareggi promozione.

Voce del verbo osare. “Avere il coraggio di rischiare” si legge sui vari dizionari della lingua italiana. Questa volta Massimo Rastelli ha osato con una squadra sbarazzina ed incurante dell’enorme pressione di un ambiente incandescente alle pendici dell’Etna innevato. Né 3-5-2 (annunciato fino all’ultimo nella distinta ufficiale distribuita in tribuna stampa), né 4-3-1-2: lupi in campo in maniera inedita e con esclusioni eccellenti.

E’ il duplice coraggio del tecnico di Torre del Greco, che evidentemente studiato gli appunti della lezione di Camplone della settimana scorsa. Spazio allora ad un 4-4-1-1 molto versatile, capace di trasformarsi in 4-2-3-1 in una fase di possesso interpretata forse come non mai in questa stagione. Arini e Kone hanno allestito una piccola diga davanti alla difesa e rifornito con un discreto quantitativo di acqua il mulino della manovra offensiva che ha avuto in Soumarè e Schiavon due attori protagonisti.

Il dominio territoriale biancoverde si è manifestato in tutta la sua forza nella ripresa quando, con gli ingressi di Castaldo e Zito, il Catania è stato letteralmente schiacciato nella propria area di rigore con occasione da gol a raffica. Propositività, capacità di spiazzare l’avversario e domarlo in maniera netta per più di un’ora con un assetto e idee innovative: è la svolta della filosofia rastelliana. Un peccato non averla potuta analizzare con il suo artefice nel tesissimo post-partita.

Eros e genio a primavera. L’uno in letargo, l’altro in naftalina. Eros Schiavon e Mohamed Soumarè sono le piacevoli riscoperte tornate alla ribalta nell’amaro pomeriggio del “Massimino”. Esperienza e spensieratezza, temperamento e sregolatezza ma un tratto comune delineato dalla capacità di caricarsi la squadra sulle spalle. L’ex Cittadella lo ha fatto con l’intensità giusta, attaccando gli spazi senza palla dalla sinistra e aggiungendo la qualità nel palleggio una volta tornato al centro al posto di Arini.

Il gioiellino belga ci ha messo il dribbling e l’accelerazione nell’uno contro uno lungo un’unica risultante, quella della superiorità numerica creata con la personalità di un veterano. Una doppia ventata di freschezza nell’arido deserto in cui l’Avellino si è incamminato nell’ultimo mese. Con queste premesse però l’oasi non è un miraggio.

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