L’addio del vescovo Aiello a don Enzo: dolore e gioia hanno confini incerti

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AVELLINO- “Dolore e gioia hanno confini incerti”. E’ un verso dell’Ave Maria di De André a scandire la trama dell’addio che il vescovo di Avellino Arturo Aiello ha dedicato a Don Enzo De Stefano, officiando la cerimonia funebre nel Duomo, stracolmo, insieme a tutti i sacerdoti della Diocesi e al vescovo di Nola Francecesco Marino, che aveva scelto Don Enzo come suo vicario. Un lungo addio e il nastro che si riavvolge. Perche’ quello stesso verso di De Andre’ monsignore Aiello lo aveva usato nel giorno del suo insediamento, quando a reggere la Diocesi di Avellino c’era proprio don Enzo. E ricorda che ascoltando quelle parole il sacerdote aveva anche storto un po il naso. “Credo che possa fare da sintesi anche per questo nostro momento di addio nel senso “cristiano” del termine, e cioè a rivederci in Dio. L’addio nel vocabolario comune è una separazione senza più incontrarsi. Invece in senso cristiano è: a Dio. E anche questa celebrazione ha due versanti. Quello della gioia che non vediamo, ma che speriamo e che Don Enzo invece vive danzando e gioiendo finalmente di ciò che egli ha celebrato e ha intravisto nel mistero e cioè il Signore Gesù, il Crocifisso risorto…a noi è dato di intravederlo con gli occhi della fede e di sperarlo”. C’e’ l’altro versante: “Noi, invece, nel dolore per una separazione dal pastore per i parrocchiani di ieri e di oggi, per il prete amico per i confratelli, per il fratello da parte dei confratelli, anche per noi vescovi un dolore che non neghiamo, come ho già detto all’inizio di questa eucaristia, ma che vogliamo confessare con tutta la forza e la drammaticità che esso contiene perché sia sottoposto e visitato ed esaltato dalla Grazia del Signore Nostro Gesù Cristo. In quella grazia Don Enzo ha vissuto e ha celebrato questi stessi santi misteri anche in questa stessa chiesa cattedrale. Sono questi misteri, essi stessi, un po’ lacerati per così dire da questo confine incerto. Gioia e dolore hanno il confine incerto, mentre siamo nella gioia ci giunge un annuncio di morte, mentre siamo tristi ecco che un raggio di sole attraversa le nubi e ci raggiunge. Perché annunciamo la tua morte. Signore e questo è diciamo la declinazione del dolore in ogni eucaristia. Noi siamo presenti all’evento centrale della nostra Fede che la morte di Gesù, per questo i crocifissi campeggiano nelle nostre chiese, non solo in questo tempo di Quaresima. Ma poi immediatamente diciamo con le parole della liturgia che ripeteremo anche questo pomeriggio dopo la consacrazione a mistero della fede proclamiamo, la tua risurrezione è la distanza di un istante tra quel dolore e il Cristo Crocifisso perdente, il grande perdente della storia, con l’annuncio della sua risurrezione”. Gioia e dolore, che tornano nelle parole del vescovo Aiello: ” perché cercate tra i morti colui che e’ vivo non è qui: è risorto. Potremmo dirlo anche di Don Enzo, guardando la sua bara e pensando che sia la spiaggia dove si infrangono tutte le sue e le nostre speranze, ma non è così. Non è qui. Non è lì, il risorto riguarda certo la risurrezione finale, ma riguarda anche la risurrezione personale che coincide con l’evento fallimentare. Anche per noi. I misteri di Cristo si ripercorrono nella nostra vita a l’atto in cui scocca l’eternità nel tempo, la luce nella notte”.