Avellino – L’offerta di canali, il digitale terrestre e il satellite, Internet, la convergenza tra televisione, pc e cellulari, gli apparecchi recorder di ultima generazione, capaci di immagazzinare ore e ore di trasmissioni televisive. Piattaforme e tecnologie che cambiano il modo di vedere la televisione, influendo su palinsesti e programmazione. Se ne parla nel nuovo libro ‘La televisione senza palinsesto. Contenuti nella tivù dell’era digitale, De Angelis Editore’. Autore del volume Antonio Pascotto, 45 anni, giornalista avellinese che lavora a Mediaset dal 1993. Attualmente è vice caporedattore del Tg4. Si occupa di economia e di politica. Ha una lunga esperienza nel settore delle radio e delle televisioni private. Ha scritto per quotidiani e periodici. È consulente di corsi universitari per il settore dei media e della comunicazione.
Il contenuto
Il titolo prende spunto dall’ultimo capitolo del volume, dedicato alle trasformazioni in atto nel settore degli audiovisivi e della televisione in generale.
Il palinsesto è lo strumento che, fin dalla sua nascita, è entrato nella vita delle persone, scandendo tempi e ritmi della giornata. L’influenza sui comportamenti di un individuo, provocata dall’agenda delle televisioni, è oggetto di studi e ricerche. Eppure è in corso un cambiamento che sollecita nuove riflessioni: la molteplicità di offerte, la tv digitale e il satellite, l’IpTv (Internet protocol Television), la web tv e i video trasmessi dai telefonini e dagli altri apparecchi mobili fanno si che ognuno possa decidere il palinsesto ideale. Mentre si aprono nuovi spazi per prodotti realizzati sui bisogni dell’utente, si va verso una diversa fruizione dei media.
Alla tv generalista si affianca quella in modalità video on demand. Si può scegliere qualsiasi cosa e a qualsiasi ora. Facendo cadere la scelta anche su contenuti realizzati dagli stessi utenti.
Quello che succede nei blog, con la pubblicazione di testi e notizie, diventa un esempio per la televisione dei cittadini, che mettono in Rete i loro videoclip girati con la telecamera del pc o col cellulare. Un passaggio che si misura attraverso il successo di siti come You Tube e la nascita di comunità on-line come My Space.
Fenomeni che aprono la strada a nuovi modelli di comunicazione.
Muta il linguaggio televisivo, dunque. I contenuti realizzati dagli utenti trovano sempre più spazio, e gli orari per la fruizione delle informazioni sono gestiti direttamente dal pubblico, consumatore e produttore al tempo stesso.
L’autore fa il punto sull’evoluzione della tv e sul rapporto tra tecnologie e organizzazione mentale. Il nuovo mondo digitale richiama diversi concetti di psicologia, che sono messi a confronto con analisi e statistiche sull’utilizzo delle nuove piattaforme televisive.
Lo spettatore vuole diventare sempre più protagonista della comunicazione, confrontarsi con chi propone contenuti e format, diventare autore e regista. Il pubblico chiede visibilità. E la ottiene, grazie ad un processo che in questi anni si è sviluppato attraverso Internet fino a raggiungere il mondo della televisione. Un processo che deve comunque tenere conto dell’ambiente sociale e del potere economico.
Le forme culturali che hanno alimentato la tv non scompariranno, ma dovranno convivere con i contenuti delle nuove piattaforme.
È vero che i contenuti sono destinati a passare da un media all’altro. L’informazione oggi viaggia lungo strade multimediali in modo autonomo. Non ci sono limiti né confini. Ma i nuovi media non provocheranno la fine dei giornali e della televisione generalista. Ne è convinto l’autore, secondo cui è una questione di credibilità e di qualità. Se un marchio è affidabile, perché cambiare? Si tratta piuttosto di adeguarsi alle tecnologie.
Paradossalmente i nuovi media migliorano quelli vecchi. Senza Internet non sarebbero nati i giornali on-line o i video blogging. Si parla sempre più insistentemente di convergenza, di sistema integrato dei mezzi di comunicazione. Che insieme devono utilizzare lo stesso linguaggio.
Largo alle idee, dunque, e alla moltiplicazione di offerte.