La stretta sui furbetti della legge 104: ecco quando è legittimo il licenziamento

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E’ stretta sui furbetti della legge 104/92 che sfruttano i permessi retribuiti per i propri interessi. La Corte di Cassazione si è pronunciata più volte in materia e ha apportato grandi novità. Chiari, infatti, appaiono i diritti e i doveri posti in essere dalla legge, per tale ragione chi vuol fare il furbo va incontro al licenziamento.

COSA PREVEDE LA LEGGE I permessi concessi ai lavoratori ai sensi della legge 104/92 sono permessi dei quali il lavoratore dipendente può beneficiare per assistere un parente che sia affetto da disabilità grave o qualora ne sia lui stesso affetto. Con tale normativa è possibile, dunque, usufruire di giorni di permesso retribuito al fine di aiutare il parente disabile ma durante tali giornate di astensione dal lavoro il dipendente non deve svolgere attività diverse dall’assistenza della persona accudita. Qualora così non fosse, l’assistenza, che costituisce la finalità principale della norma, risulterebbe soltanto parziale.

ABUSI, QUALI LE SANZIONI Qualora si abusi di questo strumento utilizzando il permesso per scopi personali, il lavoratore subirà delle conseguenze. La Corte di Cassazione (sentenza n. 9217/2016) ha spiegato che il lavoratore che durante le ore o giornate di permesso si intrattiene in altre attività commette una frode nei confronti del datore di lavoro ma anche nei confronti del sistema previdenziale nazionale. La condotta di chi si impegna in attività alternativa si configura come una violazione dei doveri del dipendente rispetto al contratto di lavoro ed è dunque lesiva della buona fede del datore di lavoro; quest’ultimo viene infatti privato in maniera ingiusta della prestazione lavorativa. Il comportamento del prestatore di lavoro integra altresì una condotta illecita anche nei confronti dell’Inps poiché l’indennità viene corrisposta da tale ente con carico dei costi sulla collettività. Anche l’utilizzo soltanto parziale della giornata riservata all’assistenza del disabile, può comportare il licenziamento.

COSA PUO’ FARE IL DATORE DI LAVORO Il datore di lavoro può mettere, alle calcagna del lavoratore, un detective privato per controllare che questi rimanga davvero al servizio del portatore di handicap, ragione per la quale ha chiesto i giorni o le ore di permesso. L’ispettore non potrà fotografare all’interno della dimora del lavoratore dipendente, ma potrà appostarsi all’uscita della stessa e pedinarlo, nonché scattargli fotografie, per verificare che questi non svolga altre attività di carattere personale. Pedinamenti e fotografie non sono vietati né dalla legge sulla privacy, né dallo Statuto dei lavoratori, il quale vieta sì i controlli a distanza, ma solo all’interno del luogo di lavoro. Inoltre i controlli sono sempre consentiti per rivelare comportamenti illeciti dei dipendenti.

Il report del detective privato può costituire prova documentale nella causa di licenziamento se non viene contestato dalla controparte (il dipendente): la contestazione della foto, per esempio, non può essere generica, ma va motivata da ragioni che possano mettere in dubbio la sua autenticità o la prospettiva dei fatti ivi rappresentati. In ogni caso, quand’anche il report fotografico dell’ispettore non dovesse essere sufficiente, il datore di lavoro potrebbe aggirare l’ostacolo chiedendo la prova testimoniale dello stesso ispettore, il quale potrà riferire di aver visto il lavoratore in determinate circostanze e situazioni.

QUANDO E’ POSSIBILE LICENZIARE L’ordinanza della Cassazione n. 8209/2018 ha stabilito che il lavoratore che ha abusato dei permessi della 104 può andare incontro a licenziamento per giusta causa in caso di condotta scorretta. I giudici hanno dunque decretato che i datori di lavoro possono licenziare il lavoratore furbetto senza valutare se il comportamento del lavoro reiterato o meno. Insomma, chi sfrutta i permessi della legge ma fa tutt’altro anziché assistere il disabile commette un reato punito con il licenziamento per giusta causa e quindi non è necessario il preavviso. Per la Cassazione la condotta scorretta ha rilevanza penale, quindi il lavoratore che usa i giorni di permesso per scopi propri e non per assistere il disabile commette il reato di truffa ai danni dello Stato.