La sede di via Palatucci, quel sogno dei Costruttori durato 40 anni e realizzato da Portoghesi

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“Un sogno durato ben quarant’anni”. L’affermazione fu netta e piena di soddisfazione, la stessa che aleggiava nell’aria quel 25 settembre del 1996. Le parole furono di Antonio De Angelis, presidente dell’associazione costruttori edili di Avellino dell’epoca. Parole pronunciate per l’inaugurazione della nuova sede dell’Ance e dell’Unione degli Industriali della provincia.

Quel lontano 25 settembre, in via Palatucci c’era anche Paolo Portoghesi, ordinario di storia dell’architettura presso la “Sapienza” di Roma, progettista e ideatore della originale struttura. Portoghesi è morto ieri, all’età di 92 anni. La brutta notizia è l’occasione proprio per ricordare la sua “vicinanza” alla nostra città, vicinanza che resta indelebile in quella magnifica sede che, ancor oggi, a distanza di tanto tempo, resta un’opera strordinariamente bella ed elegante.

L’opera fu commissionata dai Costruttori di Avellino nel 1992. Il progetto fu realizzato dall’architetto Portoghesi con l’architetto Giancarlo Bertocchini. Strutture ed impianti furono curati dall’ingegnere Franco Portoghesi, la direzione dei lavori fu affidata a Paolo Portoghesi, Franco Portoghesi, Giancarlo Bertocchini. Il collaudatore in corso d’opera fu dell’ingegnere Salvatore de Maio, l’impresa Iandolo Alfredo di Avellino.

Portoghesi, nel suo intervento del 25 settembre, definì l’architettura della nuova sede “quasi una forma biologica, qualcosa di vivente, moderno, adatto per un luogo di lavoro, di scambio, di confronto. E’ una struttura particolare, con i muri che in alcuni punti si incurvano per assicurare l’ottiminazione degli spazi ed il massimo sfruttamento della luce. Certamente un’opera non facile da realizzare, in quanto l’obiettivo era quello di garantire allo stesso tempo l’efficienza e la bellezza”.

Nel progettare l’edificio, come tenne a precisare Bertocchini, “è stata posta particolare attenzione agli aspetti tecnologici, come ad esempio la scelta strutturale di un solaio a piastra ad armatura incrociata appoggiato solamente ai setti perimetrali per una luce di circa 14 metri”.

Il taglio del nastro fu affidato al senatore Nicola Mancino, la benedizione all’Abate di Montevergine Francesco Tamburrino. Il sindaco dell’epoca era Antonio Di Nunno, presente alla manifestazione con Luigi Anzalone, presidente dell’amministrazione provinciale.