Morta venerdì pomeriggio in una clinica romana, Giglia Tedesco ha dedicato la sua vita al Partito Comunista e alle donne. E nonostante, nata nel 1926 era iscritta al Pci dal 1946, era una delle persone più motivate e che più si è impegnata disinteressatamente nella creazione del Partito democratico.
Il ricordo di Walter Veltroni
Era una donna coraggiosa, Giglia. Coraggiosa, attiva, combattiva e insieme appartata: se ne è andata in silenzio chiedendo a tutti i suoi di circondare la sua malattia e l´improvviso peggioramento nel più totale riserbo. Era una suo tratto e l´abbiamo rispettato. Di Giglia Tedesco, dei suoi ottantun´anni – i suoi ottanta li abbiamo festeggiati proprio in Campidoglio – passati tutti immersi nell´impegno e nella passione politica, mi piace ricordare l´ironia.
L´ironia con cui affrontava anche le cose importanti (soprattutto le cose importanti), e la sua instancabile voglia di cambiare. Apparteneva a quella generazione di dirigenti politici che avevano costruito la nostra democrazia, lei con la sua storia particolare, con la sua provenienza dall´impegno cattolico, condiviso col marito, l´indimenticabile Tonino Tatò, aveva sempre portato nella politica passioni e convinzioni forti. Il terreno su cui più si era impegnata era certamente quello delle donne. Aveva saputo dopo le tante lotte per l´emancipazione e l´eguaglianza femminile, in un´Italia che su questo terreno scontava un terribile ritardo, confrontarsi anche con femminismo. Per molte della sua generazione non fu facile, ma lei ci riuscì in pieno proprio grazie alla sua curiosità e alla consapevolezza che quel partito a cui era profondamente legata, che era la sua casa aveva ancora molta strada da compiere.
Così noi più giovani trovavamo in questa donna che guardavamo con un po´ di reverenza e di timore, un´amica sempre pronta a discutere, a capire, a cercare qualcosa in più.
Lei e Tonino conoscevano le culture nuove, guardavano con curiosità ai cambiamenti e alle spinte dei giovani. Chi non la conosceva bene forse l´aveva sottovalutata schiacciandola in questa dimensione di moglie dell´uomo più vicino a Berlinguer. Era una sciocchezza: Giglia era una dirigente a tutto tondo, con convinzioni personali, con una propria cifra politica.
Così nelle occasioni di svolta, cominciando dall´89, è stata protagonista sempre in prima linea, spingendo per i cambiamenti che lei giudicava necessari, cercando di convincere quanti tentennavano (e, ad esempio nella sua generazione ve n´erano diversi) del passo che andava compiuto. Fu, in quelle svolmolo per tutti, con i suoi interventi, con quell´autorevolezza appartata e con l´equilibrio che tutti le riconoscevano o anche semplicemente con le sue battute cariche di un´ironia che non era disincanto ma passione, in questo così romana.
Con Giglia avevamo parlato spesso del nuovo partito da costruire. Lei che si era sempre battuta perchè le donne contassero in politica, perché in Parlamento e nei partiti ce ne fossero molte partecipava a questa nuova sfida con passione e speranza. Quando ci siamo impegnati – e non per forma ma per sostanza – perché nel Partito democratico le donne ad ogni livello fossero almeno la metà l´abbiamo avuta vicino.
Avevo pensato a lei quando abbiamo annunciato che nell´esecutivo del Pd c´era una maggioranza di donne. Mi ero detto, ecco una cosa che farà piacere a Giglia. Una rivincita senza acrimonia per le donne di una generazione che si erano viste sempre piccola minoranza nelle istituzioni e nei partiti.
Siamo solo all´inizio di quel cambiamento che lei aveva condiviso con noi. Continueremo a pensarla ogni volta che riusciremo a segnare un risultato sulla strada del cambiamento, del rinnovamento della politica di un´accresciuta presenza e forza delle donne.