La nuova Scampia di Ciro Corona: “Braccio di ferro con la camorra ma noi resistiamo”

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“Oggi Scampia ci racconta una storia nuova. Quella di un quartiere che, tra innumerevoli difficoltà, sta provando a rialzare la testa e ad indirizzarsi verso la strada della legalità”.

Così Ciro Corona, presidente dell’ Associazione (R)esistenza anticamorra di Scampia. Corona accompagnato dalla moglie (in attesa di un bambino) ha raggiunto il Circolo della Stampa di Avellino per presentare la sua opera narrativa ‘Resistere a Scampia’.

Ospiti dell’evento Don Aniello Manganiello, parroco di Scampia per ben sedici anni, Michele Maria Spina, dirigente superiore della Polizia di Stato e i giornalisti Gianni Festa e Franco Buononato.  

Ciro Corona ha raccontato il riscatto di Scampia e di quella piazza, un tempo base dello spaccio, che rinasce in nome di quei valori e di quella società sana che, per fortuna, è presente.

Ciro è un giovane coraggioso e temerario che ha osato affrontare a viso aperto l’illegalità diffusa nel suo rione. Scampia non è solo Gomorra.

Ce lo ricorda Ciro Corona attraverso il suo sguardo limpido e un racconto lineare che si avvale del contributo dei testimoni di quel cambiamento avviato anche ad opera di uomini come Michele Maria Spina, allora dirigente del Commissariato di Polizia, che ha smantellato le piazze dello spaccio senza mai tirarsi indietro e rischiando in prima persona.

Le storie di vita vera in una storia simbolo del riscatto possibile. Un modello positivo per le altre periferie del Paese. Scampia esiste e r(e)siste oltre i luoghi comuni. Oggi è un luogo aperto ma agli scambi culturali e sociali non più a quelli illeciti delle sostanze stupefacenti.

“Ci sono stati tempi in cui chi si salvava era un’eccezione. Oggi, invece, c’è una rete di associazioni che nel quotidiano provano a far ripartire il quartiere. Centoventi associazioni che hanno fatto rete con la parte ‘sana’ di questa società e continuano a portare avanti il braccio di ferro con la camorra”.

Durante la sua intervista Corona ha raccontato di un blitz avvenuto nel quartiere “la moglie di un boss – ci ha raccontato – durante una retata, gridò ai vicini ‘Quando arriva lo Stato non possiamo fare nulla’. Ecco – ha spiegato –  quello fu un segnale concreto di cambiamento mentale e culturale ed è ancora prova tangibile che la camorra non è più un modello vincente sul territorio. C’è ancora tanta strada da percorrere, ma Scampia ha ritrovato la ‘retta via’. Scampia può essere un modello per altri territori che respirano le stesse difficoltà. Possiamo resistere e vincere questa battaglia di legalità”.

Coinvolgente il discorso di Spina che ha vissuto l’esperienza ‘Scampia’, tra il 2007 ed il 2013, dirigendo il Commissariato di Polizia.

Proprio in quegli anni imperava sul quartiere il clan degli scissionisti vincitori della faida con il clan Di Lauro (avvenuta tra il 2004 -2005).

In quella piazza, la più grande d’Europa per spaccio di ogni tipo di sostanza stupefacente, ci racconta Spina, il clan si era impossessato della libertà di quel quartiere “gestendo con arroganza la vendita della droga”.

“I clan – ci racconta Spina – si erano impossessati dei palazzi e li avevano trasformati in una sorta di farmacia aperta 24h con sportelli gestiti dai pusher e con gli acquirenti pronti a comprare.

L’attività di repressione – ha proseguito – ci hanno consentito nel tempo e, in sinergia con le altre forze di polizia, di chiudere in via definitiva quella tipologia di piazza di spaccio ed eliminare quell’arroganza che vedeva la camorra gestire apertamente lo spaccio a cielo aperto in modo evidente.

Questo, però, non basta è opportuno che lo spazio liberato venga occupato da azioni legali. Bisognerebbe incentivare il lavoro, creare opportunità di crescita grazie al supporto delle associazioni, della Chiesa e delle scuole per costruire una società migliore”.