La lettera di Resistenza Operaia al procuratore Antonio Ingroia

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Di seguito, l’intervento di Rossella Iacobucci al dibattito che si è tenuto nella sala consiliare di Venticano in occasione della presentazione del libro del magistrato palermitano Antonio Ingroia. La lettera appello è stata consegnata al Procuratore assieme al libro “Diario di una Lotta”.

“Gentilissimo Procuratore Antonio Ingroia,

siamo membri del comitato Resistenza Operaia, un comitato formato da cittadini ed operai di una fabbrica Fiat che produce autobus per il trasporto pubblico, la Irisbus di Valle Ufita.

Prima di accennarle la nostra situazione e una nostra richiesta ci teniamo a dirle che siamo qua questa sera non solo per la questione Irisbus, ma anche per farle sentire la nostra totale vicinanza.

Troppe volte l’Italia che conta si è lasciata trasportare da accuse fuorvianti o da colpevoli silenzi che hanno messo in un angolo chi, come Lei, questa nazione la ama e la difende ogni giorno nella pratica quotidiana del proprio lavoro.

Si perché siamo consapevoli che nella lotta alla mafia, alle ingiustizie, alla malavita è più facile stare dall’altra parte, anzichè amare il proprio Paese e cercare di difenderlo. Lei invece è stato ed è mosso da un profondo ideale di giustizia, di legalità, di servizio e rispetto per lo Stato e per le Istituzioni ed ha scelto di percorrere la strada più difficile, nella quale a volte si sentirà anche un pò solo.

Ebbene noi stasera vogliamo dirle che lei non è solo, vogliamo dirle che c’è anche un’altra Italia, che non ha a disposizione tribune politiche, tolk show, mass midia, è l’Italia che ogni mattina si sveglia cercando di resistere, è la nostra Italia ed è la stessa che vuole sostenere le sue battaglie e il suo lavoro perché sono le nostre battaglie e il nostro lavoro. Pochi giorni fa, parlando della manovra finanziaria o legge di stabilità e dei recenti scandalosi fatti della Lombardia e del Lazio, si faceva rilevare da economisti di fama mondiale che la malavita in Italia frena la crescita.
Ebbene la questione della nostra fabbrica, della Irisbus, si inserisce perfettamente proprio in questo contesto di mancata crescita, di silenzi, di connivenze e di illegalità.
Le spieghiamo brevemente i motivi.

La nostra è una fabbrica, come le dicevamo prima, che produceva autobus per il trasporto pubblico. Fiat un anno fa ha deciso di chiuderla perché in Italia da diversi anni non si investe in una programmazione di rinnovo del parco autobus. Eppure i dati ufficiali ci dicono che gli autobus circolanti sono vecchi e pericolosi, su una flotta di 30mila autobus 20mila andrebbero rottamati entro il 2014 e la restante parte entro il 2016. Anche l’Europa ci chiede il rinnovo e l’adeguamento del sistema dei trasporti, ma nulla si fa in questo senso, non lo ha fatto il governo Berlusconi, non lo fa il governo Monti che pure è tanto attento ai dettami europei. C’è il rischio che questa fabbrica venga chiusa e quando sarà finanziato il piano trasporti gli autobus di cui necessitiamo verranno comprati altrove, o in Francia o in Repubblica Ceca, magari dalla stessa Fiat che lì ha altri stabilimenti. Inoltre vogliamo far rilevare che chiudere una fabbrica di 700 lavoratori con un numero altrettanto significativo per l’indotto, in una terra come la nostra Irpinia, dove si contano già 80mila disoccupati censiti su una popolazione di 400mila abitanti, significa condannarci ad un destino di fame e miseria, due elementi che favoriscono il proliferare del malaffare e la vittoria di quello che comunemente si chiama anti-Stato. Noi le abbiamo provate tutte, con la politica, coi sindacati, con le istituzioni. Abbiamo proposto emendamenti presentati in Parlamento, abbiamo lottato e reagito in ogni modo, abbiamo studiato cercando di trovare una soluzione. Noi continuiamo a chiedere non cassa integrazione ed ammortizzatori sociali, non assistenzialismo, siamo gente del sud, un sud che lei conosce bene, un sud testardo e dignitoso, noi continuiamo a chiedere di lavorare nella nostra fabbrica e di continuare a produrre gli autobus di cui la nazione necessita. Per questi motivi non ci fermeremo, non ci arrenderemo, come lei ci insegna, continueremo a chiedere alla politica, al Parlamento al Governo il finanziamento del piano nazionale trasporti finalizzato al rinnovo del parco autobus, ma il tempo non è dalla nostra parte e sta per scadere per cui chiediamo anche a lei una mano in questa nostra lotta.

Ci spieghiamo meglio: abbiamo dati ufficiali che parlano di un parco autobus non a norma, da rottamare per il 70%. Noi le chiediamo di indirizzarci la strada per costituirci parte civile e tentare di far rispettare le norme europee e la sicurezza dei cittadini bloccando gli autobus che circolano fuori norma. Noi le chiediamo che la magistratura si interessi a questo scempio come garante del cittadino. Noi le chiediamo di aiutarci a scoprire le connivenze tra società di gestione dei trasporti (veri e propri carrozzoni politici), istituzioni silenti e centri revisione che certificano come idonei anche i mezzi catalogati da tutti come pericolosi e da rottamare. Insomma noi ci fidiamo di lei e della magistratura e chiediamo a voi di ascoltare questo nostro accorato appello di tutela della salute e della sicurezza pubblica, un pò come successo per la questione dell’Ilva di Taranto. Bloccando gli autobus pericolosi e fuori norma non solo salvaguardiamo la sicurezza dei cittadini, ma dimostreremo anche che di autobus c’è un immediato bisogno e forse così riusciremo a salvare anche la nostra fabbrica e il lavoro in questa pericolosa terra di confine”.

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