La Dia: “In Irpinia una camorra moderna e silenziosa. Che si infiltra negli enti locali e negli appalti”

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Alfredo Picariello – La camorra in Irpinia è silenziosa. Non spara. Predilige il profilo basso. Si insinua, però, grazie a varie complicità, negli enti locali e in attività imprenditoriali. E si “rinnova”, nonostante ancor oggi si manifesti attraverso clan ben radicati nel territorio. Talmente forti che alcuni “hanno esportato i loro sistemi criminali in altre aree campane e di altre regioni”.

Come dicevamo sono fondamentali, però, in Irpinia, i “collegamenti” nelle pubbliche amminstrazioni. “Per la loro crescita e affermazione nel territorio un apporto significativo è venuto dai rapporti con esponenti delle pubbliche amministrazioni”. Tutto questo si legge nella relazione semestrale della Direzione Antimafia.

“Le indagini confermano che la detenzione dei vertici dei gruppi storici non ha determinato il loro scompaginamento. Piuttosto, avrebbero preso spazio altre figure, già inserite in quei clan, il cui modus operandi riflette l’immagine di una camorra moderna, mimetizzata, silenziosa, che sembra prediligere un basso profilo, orientandosi nelle attività imprenditoriali e finanziarie, nelle infiltrazioni degli Enti locali e degli appalti pubblici”.

Un quadro chiaro, netto e preciso, forse sconvolgente sotto certi punti di vista. La conferma, secondo la Direzione Investigativa Antimafia, arriva “dall’operazione “Partenio 2.0” dei carabinieri, che ha riguardato una nuova organizzazione criminale, denominata nuovo clan Partenio, evoluzione del clan Genovese di Avellino, i cui capi, condannati all’ergastolo, sono reclusi dal febbraio 2001. Al vertice del nuovo clan Partenio figurano due fratelli, già elementi di spicco della famiglia Genovese, intorno ai quali si sono aggregati pregiudicati della zona di Mercogliano (AV) e alcuni ex affiliati al clan Cava di Quindici (AV)”.

Operazione “Partenio 2.0”

“Il neo sodalizio controlla un’ampia parte del territorio avellinese, tramite fedeli capi zona, aree in cui è stata accertata un’intensa attività estorsiva e usuraria. Sono state indagate anche altre persone, ritenute responsabili di associazione di tipo mafioso, finalizzata, tra l’altro, al condizionamento di aste immobiliari e allo scambio elettorale politico-mafioso. Quanto al primo reato, gli indagati si sarebbero infiltrati in alcune aste immobiliari, tramite prestanome e società “di comodo”, con sede in Campania e nel Lazio (sottoposte a sequestro da militari dell’Arma dei carabinieri e della Guardia di finanza), avvalendosi della complicità di professionisti, avvocati e broker, ma anche impiegati di banca e consulenti finanziari, il cui contributo si è rivelato essenziale per la riuscita delle operazioni illecite”.

“Quanto alla seconda fattispecie, la contestazione riguarda l’aver favorito l’elezione di un amministratore locale, appartenente alla famiglia dell’ex boss del clan Genovese. Appaiono emblematici delle tensioni in atto nella provincia alcuni attentati in danno di imprenditori e atti intimidatori nei confronti di rappresentanti istituzionali, tra cui quello verificatosi il 25 settembre, a Casalbore, ai danni di un consigliere comunale”.

Ci sono, poi, ovviamente, i clan storici. “Si conferma radicata la presenza nel territorio della provincia dei contrapposti gruppi Cava e Graziano, originari di Quindici, e Pagnozzi nella Valle Caudina”, scrive la Dia nella sua relazione semestrale.

“Per quanto riguarda i clan Cava e Graziano, entrambi hanno proiezioni anche in altre zone. Il primo ha forti interessi nel confinante agro-nolano e vesuviano, attraverso organizzazioni collegate (quali il gruppo Sangermano che fa capo a due nipoti del defunto boss Cava), che gestiscono le attività illecite a San Vitaliano, Scisciano, Cicciano, Roccarainola, Cimitile, Carbonara di Nola e Saviano”.

“Il clan Graziano ha proiezioni nell’alta Valle dell’Irno, al confine tra le province di Salerno ed Avellino e nel Vallo di Lauro. Nell’ambito dei due gruppi diversi esponenti di spicco sono tornati di libertà. La loro presenza nel territorio rende concreto il pericolo di una ripresa dello storico conflitto tra le due famiglie, come indicherebbero alcuni episodi riportati nel decreto di applicazione della misura di prevenzione della sorveglianza speciale di Pubblica Sicurezza al reggente dei Cava e il contenuto di un’ordinanza di custodia cautelare in carcere a carico di esponenti di spicco del gruppo Graziano, entrambe del mese di luglio 2019”.

“Tra i destinatari del secondo provvedimento, eseguito il 1° agosto 2019 dai Carabinieri, figurano i figli del capostipite dei Graziano, ritenuti mandanti di una serie di estorsioni consumate a Domicella e Moschiano, in danno di imprenditori locali”.

“Il citato clan Pagnozzi è una struttura criminale articolata in gruppi federati, che estende la propria influenza su parte del territorio delle province di Benevento e Caserta, con rilevanti interessi anche nella Capitale, legato al cartello dei Casalesi e ai gruppi dell’area marcianisana. Attualmente le sue potenzialità criminali sembrerebbero sensibilmente indebolite per la detenzione del reggente in regime di art. 41 bis O.P.. È invece libero un congiunto, che per la gestione degli affari illeciti si avvarrebbe della collaborazione di vecchi alleati. Uno degli storici elementi del clan avrebbe costituito un gruppo autonomo che gestirebbe le estorsioni, lo spaccio di stupefacenti e l’usura nei comuni di Cervinara, Rotondi e Paolisi”.