Italia di Mezzo, Di Cecilia: “Lontani dalle oligarchie di partito”

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Avellino – Traspongono le tradizioni della Democrazia Cristiana nei tempi moderni; sono i nuovi revisionisti della vecchia esperienza, moderati, equilibrati: tratti semplici ma ben delineati nella carta d’identità di Italia di Mezzo, il nuovo partito capeggiato da Follini e nato in seguito alla scissione dall’Udc. Questa mattina, alla presenza del coordinatore provinciale Franco Di Cecilia e dell’on. Arturo Iannaccone, la prima pietra del costituendo partito. Ennesimo gruppo in uno scenario già variegato? Assolutamente no. L’ambizione è ben diversa: “Vogliamo rappresentare la vera novità della politica italiana. Il nostro tratto peculiare è la non appartenenza a nessuno dei due poli. Il ruolo del Centro è quello di dar voce a chi non ne ha. Prestare attenzione a chi non ha attualmente una rappresentanza politica e si schiera per pura convenzione”. Perché il bipolarismo, seppur non definito una pratica obsoleta, tuttavia per la matrice moderata ‘pecca’ di non essersi dimostrato rispondente alle esigenze di un Paese in continua evoluzione. In senso positivo e negativo. A dimostrarlo è la storia: “I primi Governi Prodi e Berlusconi sono naufragati per il voltafaccia, rispettivamente, del Prc e della Lega. Poi, per contrastare le frizioni passate, il cambiamento di tendenza che ha portato ad un totale appiattimento”. Esempi pratici per avallare la tesi di coalizioni ‘disomogenee per antonomasia’ e per tracciare i lineamenti di partiti ancora alle prese con la diaspora degli anni ’90 che determina la “debolezza di un governo al di là di qualsiasi sistema elettorale”. Non piace agli esponenti dell’Italia di Mezzo questa forma di ‘bipolarismo aggressivo’ in cui “l’uno delegittima l’altro”. Da qui la prima iniziativa per una riforma elettorale: “Il sistema proporzionale è profondamente democratico e registra le esigenze del Paese che il sistema maggioritario non tiene nella giusta considerazione. Ma non è il sistema maggioritario a garantire il buon andamento di un paese quanto coalizioni omogenee e coese”. L’obiettivo, a livello nazionale, è chiaro: decomporre i poli per poi riunificarli attraverso partiti più credibili e scevri da qualsiasi personalismo. In sintesi un progetto legislativo che riprenda, nei suoi tratti più puri, il disegno di legge Sturziano con gruppi democratici dotati di Statuti a valenza pubblica. E la strategia nazionale si rispecchia a livello provinciale nei suoi tratti distintivi: “La nostra provincia è caratterizzata da tradizione e anomalia. La tradizione è nella intramontabile corrente della Democrazia Cristiana che in passato ha reso il nostro territorio un vero laboratorio politico. L’anomalia è invece nella presenza di coalizioni speculari l’una all’altra. Il centrodestra non costituisce una seria alternativa di governo mentre il centrosinistra, peraltro stravincente, dimostra il limite di non riuscire a governare le istituzioni. Il vero problema, però, non è di conflittualità politica ma di incisività programmatica”. Un’analisi sottile che non tralascia neanche le incomprensioni tra ‘alleati’: “Al di là delle incomprensioni personali tra i leader Ciriaco De Mita e Michele D’Ambrosio, tra i due partiti esiste un’assoluta incomunicabilità”. Un quadro chiaro rispetto a cui incuriosisce la posizione che la Margherita e l’Udc intendono adottare. “L’Udc ha fatto un grande passo in avanti sganciandosi dalla Cdl ma a questo punto sarebbe necessario un ulteriore sprint”. E la Margherita? “Il Fiorellino si mostra perplesso e diffidente di fronte al Partito Democratico. L’invito è quello di resistere alle lusinghe delle oligarchie di partito. Speriamo che la Margherita ribadisca la sua centralità e decida di rimanere nella casa del padre occupando la stanza migliore piuttosto che occupare la stanza della servitù in casa altrui”. (di Manuela Di Pietro)

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