In Irpinia 1011 imprese a rischio infiltrazione della criminalita’

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AVELLINO- In Irpinia ci sono 1011 imprese a rischio infiltrazione della criminalita’ organizzata. Si tratta del 2-3% delle 36539 imprese operative sul territorio della provincia di Avellino. Il trentatreesimo posto nella classifica stilata dalla Cgia di Mestre, che, come si legge nel Report pubblicato qualche giorno fa: “in virtù dei dati in possesso dell’Unità di Informazione Finanziaria (UIF) della Banca d’Italia – struttura che, per legge, riceve ogni anno dagli intermediari finanziari centinaia di migliaia di segnalazioni di operazioni finanziarie sospette – è stato possibile mappare il numero delle imprese presenti in Italia che potenzialmente sono contigue a contesti di criminalità organizzata. Oltre alle segnalazioni ricevute, la UIF ha incrociato anche gli scambi informativi acquisiti dalla Direzione Nazionale Antimafia e dall’Autorità giudiziaria. Grazie a questo mix di dati è stato possibile censire almeno 150mila imprese che potrebbero essere potenzialmente controllate o collegate a vario titolo alle organizzazioni criminali di stampo mafioso (ovviamente ad accertare l’esistenza di effettivi collegamenti puo’ essere solo l’Autorità Giudiziaria)”.In Campania c’è Napoli con 256.106 imprese operative e 18.430 a rischio (6-7 %) , Caserta con 81.612 imprese di cui 5873 a rischio infiltrazioni (6-7%) , Salerno con 99.671 imprese e 3862 a rischio infiltrazione (3-4%), a Benevento sono invece 807 su 29151 imprese quelle a rischio infiltrazioni. Si legge nel rapporto che: “Analizzando la diffusione territoriale delle aziende in “odor di mafia”, scorgiamo che sono le attività più a rischio sono quelle presenti nelle grandi aree metropolitane. A Napoli, ad esempio, sarebbero quasi 18.500, a Roma poco più di 16.700 e a Milano sfiorano le 15.650 unità. In queste tre realtà geografiche è concentrato il 34 per cento circa delle imprese a rischio in tutto il Paese. Seguono Caserta con 5.873 imprese, Brescia con 4.043, Palermo con 4.016, Salerno con 3.862, Bari con 3.358 e Catania con 3.291. Gli ambiti criminali in cui le mafie fanno business sono numerosissimi. Tra i principali segnaliamo il narcotraffico, il traffico d’armi, lo smaltimento illegale dei rifiuti, gli appalti pubblici, le scommesse clandestine, il gioco d’azzardo, l’usura, il contrabbando di sigarette e la prostituzione. Tra le attività esercitate da queste consorterie malavitose, le estorsioni sono quelle più remunerative e le vittime di questo reato sono, quasi esclusivamente, imprenditori. Non solo. Nei territori dove il numero di denunce all’Autorità giudiziaria per estorsione/racket – ma anche per reati ambientali, contraffazione, lavoro nero, caporalato, etc. – è molto alto, la probabilità che vi sia una presenza radicata e diffusa di una o più organizzazioni di stampo mafioso è altrettanto elevata”…Il rapporto della CGIA di Mestre dice che “il volume d’affari annuo delle mafie italiane si aggira attorno ai 40 miliardi di euro l’anno; una cifra spaventosa che vale praticamente due punti di Pil. Se effettuiamo una comparazione puramente teorica che, tuttavia, ci consente di “dimensionare” la portata del fenomeno, il fatturato dell’industria del crimine risulta essere ipoteticamente al quarto posto a livello nazionale, dopo quello registrato dall’Eni (93,7 miliardi di euro), dall’Enel (92,9 miliardi) e dal Gestore dei Servizi Energetici (GSE) (55,1 miliardi)”.