Avellino discende dal Sannio: storia, mito e leggenda di una caccia al “Lupo”

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1883

“Chi non salta è di Benevento”.

Chiunque abbia mai messo piede allo stadio “Partenio-Lombardi” di Avellino o al “Ciro Vigorito” di Benevento avrà sentito questa frase partire da una delle due tifoserie, sia dal punto di vista irpino, che da quello sannita. Vero che il derby calcistico manca da qualche anno, data la permanenza ormai della formazione avellinese in Serie B, ma la rivalità territoriale non si è affatto attenuata, anche se molti considerano il vero derby come quello tra Avellino e Napoli.

In ambito prettamente calcistico è l’Avellino a prevalere su Benevento, dati anche i dieci anni di permanenza in massima serie. Le streghe dal loro canto vantano un predominio molto più antico, che risale ai gladiatori dell’epoca romana. Un anfiteatro da 20mila posti e la Scuola Gladiatoria Imperiale, con il suo massimo esponente Lucilius, imbattuto nelle arene e chiamato anche a Roma.

La storia delle origini avellinesi parte però da molto più lontano ed è contrassegnata dai soliti miti e leggende, ma proviamo a fare chiarezza.

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Il campanile di Santa Sofia a Benevento

Torniamo indietro di circa tremila anni, siamo nell’ottavo secolo avanti Cristo quando i Sanniti si sono insediati in varie tribù lungo la dorsale appenninica. Tra il VI ed il IV secolo poi l’espansione, dal basso Lazio al Molise, fino alla Campania e alla Basilicata, come è presente in una mappa in marmo posta sul lato ovest del campanile di Santa Sofia a Benevento.

All’epoca quando per carenza di cibo o per pestilenze o per le malattie, le popolazioni si spostavano, usavano insediarsi nei nuovi territori scoperti. Prima della partenza, però, si sacrificavano i primogeniti nati nel periodo invernale, dato che queste migrazioni partivano sempre di primavera, tale rito religioso si chiamava Ver Sacrum, ovvero la Primavera Sacra ed era dedicato a Mamerte, il dio Marte, signore della guerra, conosciuto come Ares dai greci.

Il gruppo si spostava sempre sotto la guida di un animale sacro, che poteva essere un toro, un bue, un lupo o un cervo. In realtà si pensa che tale usanza sia più dovuta ad esigenze di caccia che riferita ad interpretazioni totemiche. Dove l’animale si fermava (o veniva cacciato) si riteneva che il luogo fosse state scelto come adatto al nuovo insediamento.

Nell’VIII secolo avanti Cristo, proprio sulle orme di un lupo (Hirpus) un gruppo di migratori sanniti si stabilì nei territori che oggi corrispondono ad Avellino.

Non si sa come mai poi il gruppo formato da Irpini e Sanniti si divise, forse per contrasto o per rivalità, quel che certo è che il DNA è sempre lo stesso, per cui ritornando alla frase iniziale, relativa ai cori da stadio, sia se vi troviate allo stadio di Avellino o in quello di Benevento e sentite quel coro, tanto vale restare seduti perché tanto siamo tutti Irpini Sanniti.

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