Avellino – Siete mai stati innamorati della libertà? I FaberNoster lo sono da una vita. Ecco perchè interpretano Fabrizio De Andrè, che di libertà ha scritto e cantato per un’esistenza intera. Lo hanno dimostrato, in occasione di “Vulnerabili all’amore” , l’evento organizzato per ricordare, nel 35esimo anniversario della sua nascita, Pina Pisaniello, vittima di un disagio compreso troppo tardi, schiacciata dall’insostenibile peso della sua anima.
A permettere tutto, loro, i ragazzi di “Penisola”, l’associazione di volontariato, presieduta da Elisabetta Carnè, che da anni si rimbocca le mani per i giovani, per le loro famiglie, per la comunità e per Pina e sua madre. “Voglio che tutti ricordino mia figlia per questa ricorrenza e non per quella della sua morte. Pina non ha lasciato vuoti dietro di sé, ma una grande eredità rappresentata dai ragazzi che da anni mandano avanti il progetto di Penisola”.
Poco spazio alla tristezza, la serata doveva correre, e lo ha fatto, sulle fila delle note e dei testi di Fabrizio De Andrè, reinterpretato da una sestina di ‘ragassi’ emiliani ognuno dei quali non supera i 25 anni. Faber era il cantautore preferito da Pina e, per Pina, Faber è stato fatto rivivere.
Alberto, Luca F., Ilaria, Maria Laura, Luca S., Giuseppe sono i nomi di questi giovani talenti che, in ‘direzione ostinata e contraria’ alla pluralità dei loro coetanei, muniti di spartito e testi (senza sarebbe impossibile) girano l’Italia ‘deandreizzando’ il mondo. Certo, il loro è un modo del tutto personale di intenderlo e di offrirlo al giudizio del pubblico, ma d’altronde cosa c’è da aggiungere all’insuperabilità di Fabrizio se non una propria personale lettura? Nel loro spettacolo, “Una smisurata canzone”, che vuole essere un evidente richiamo all’ultimo brano dell’ultimo album del cantautore genovese “Smisurata preghiera” , i FaberNoster toccano tutte le corde e tutti i temi deandreani: quello della diversità con “Andrea” e “Prinzesa”, quello dell’amore e della libertà con “Se ti tagliassero a pezzetti”, quello della religione con “Maria nella bottega del falegname” e “I dieci comandamenti” e così via, nell’avventura sempre nuova e ricca di sorprese che solo un concerto di canzoni di Fabrizio sa e può essere.
C’è di tutto e di più nel loro spettacolo: c’è l’entusiasmo della gioventù che guarda alle emergenze sociali e agli ideali di un tempo, c’è la nostalgia, la genuinità, il desiderio di conoscere e far conoscere, la voglia di far battere le mani e di far riflettere prima e dopo averle fermate.
I FaberNoster nascono nel 2002, praticamente ancora adolescenti, intorno ad un progetto che è risultato poi essere la somma delle passioni di ognuno. “Ho deciso di dare vita a questo gruppo (insieme a Giuseppe e Luca) – ha spiegato Alberto, la voce del gruppo – dopo essermi a lungo ‘confidato’ con Fabrizio, ascoltando le sue parole e seguendo quello che sentivo dentro”.
Il perché del nome del gruppo è presto detto da Alberto: “Faber ovviamente è un omaggio al nome con cui affettuosamente era chiamato dagli amici Fabrizio mentre Noster significa ‘nostro’ sia in latino che in dialetto reggiano ed è un modo per intendere il nostro modo di veder Fabrizio”.
Per i ragazzi di Reggio Emilia non è stata la prima volta ad Avellino. I FaberNoster si sono infatti già esibiti lo scorso gennaio al Black House Blues dove si registrò l’en plein di presenze e soprattutto di entusiasmo e divertimento. “Ad Avellino e ai ragazzi dello Zia Lidia (lo Zia Lidia Social Club), ci lega un rapporto di amicizia profondo. Durante i nostri concerti avvertiamo che il pubblico è molto presente e coinvolto”. “Ma del resto Fabrizio è sempre Fabrizio: la sua musica funziona sempre, che la si suoni in un teatro così come una bugigattolo” ha esclamato Peppe, il chitarrista del gruppo.
Ed è proprio così: la musica di Fabrizio è universale, sempre attuale, mai mediocre o prevedibile. E i FaberNoster la reinterpretano in chiave molto personale ma con la riverenza e il rispetto dovuti a chi, con le note e le parole, ha inconsapevolmente costruito le impalcature umane e intellettuali dei giovani di diverse generazioni. Quella di Pina compresa. E come i personaggi ‘cantati’ dal Faber di sicuro anche lei, figlia, vittima di questo mondo, avrà consegnato alla morte la propria, unica e segreta, ‘goccia di splendore’. (di Oderica Lusi)