Il ricordo del professore Alfonso Stile: un lascito etico e professionale ai giovani avvocati

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NAPOLI- Più che una semplice commemorazione, quella dedicata oggi nella Sala Arengario del Palazzo di Giustizia di Napoli per il professore e avvocato Alfonso Stile e’ stata la lettura a più voci di un prezioso lascito, un testamento alle nuove generazioni di avvocati a tre anni dalla scomparsa del docente universitario e avvocato. Umanità, saggezza, generosità, ironia, pacatezza, nobile esempio di lealtà, dolcezza, esemplarita’, sobrieta’, amabilita’, coraggio. Sono solo alcuni degli aggettivi che questa mattina nella Sala Arengario del Palazzo di Giustizia di Napoli hanno utilizzato per descrivere lo straordinario contributo fornito alla Giustizia dal professore e avvocato Alfonso Stile i suoi allievi, i suoi colleghi e i magistrati che negli anni hanno interagito nei vari ruoli con un avvocato che amava profondamente la sua professione e soprattutto era un esempio, come ha ricordato uno dei suoi allievi, l’avvocato Bruno Larosa, con un segreto particolare per esserlo, quello cioe’ di non volerlo essere. Alfonso Stile “maestro” di due importanti penalisti irpini: Luigi Petrillo e Dario Vannetiello. Ma anche del professore Andrea Castaldo, dell’avvocato Bruno Larosa, che hanno consegnato alla giornata dedicata alla sua figura ognuno per la propria parte un pezzo della storia di un amore viscerale per la professione sempre nell’indipendenza del ruolo dell’avvocato. Perché è stata scelta proprio la data del 5 novembre per questa giornata commemorativa lo ha spiegato, descrivendo l’impegno a favore dei suoi clienti che non conosceva soste o eventi, venendo prima di ogni cosa la figlia del professore Stile, Annalisa, anche lei ha scelto la professione del padre. Perche’ proprio il 5 novembre 1968, Alfonso Stile si era iscritto al Consiglio dell’ Ordine degli Avvocati degli Avvocati di Napoli. Cinquantadue anni che hanno lasciato il segno, almeno dalle testimonianze che si sono susseguite nell’incontro. Ed è emersa così una figura di “pubblica garanzia di verità” come l’ ha definita il Procuratore Generale di Napoli Antonio Gialanella, tratteggiandone l’approccio “laico” alla missione di difensore. Cosa averebbe pensato il professore Stile della giornata di oggi tocca proprio ad uno degli allievi che gli è stato vicino per trenta anni, il penalista Luigi Petrillo, sottolinearlo, riportando tutti alla “grande ritrosia ad autocelebrarsi che era il tratto caratteristico di Stile”: “Grazie a chi ha organizzato questa manifestazione straordinaria e grazie Annalisa, che però, se papà fosse qui, sarebbe la prima ad essere rimproverata secondo me- ha esordito l’avvocato Petrillo- perché tutti coloro che mi hanno preceduto hanno trascurato uno dei tratti del suo carattere che ce lo rendeva più dolce: l’aspetto della sua ritrosia ad esporsi e promuoversi. Qualità questa, che oggi non è di questo tempo. Il professore, essendo come ricordato poco fa da Bruno Von Arx un vero scienziato del diritto, non ha mai ostentato né la sua preparazione né la sua capacità di inquadramento delle questioni, fossero esse di diritto, scientifiche o processuali. Non lo ha mai fatto. Per cui credo che oggi si sarebbe sentito molto a disagio a sentirsi celebrato così. Però noi glielo dobbiamo, perche’ almeno per me, ho vissuto con lui trenta anni intensissimi, nei quali mi ha dato tantissimo non solo dal punto di vista professionale ma in termini di etica. Un’etica del rapporto con l’altro, fosse esso un magistrato, il cliente o un collega. Un lascito enorme. Non credo che possa essere rappresentato da altri meglio di quello che e’ stato per me Alfonso Stile. E’ difficile parlare di lui, siamo tutti amici, ma proprio l’emozione che mi lega alla straordinaria figura mi fa da freno nel mio ricordo di stamane. C’e’ un’aneddotica vastissima”. E ha aggiunto: “era un uomo di grande passione, lo ha detto Annalisa prima, durante il suo intervento. La passione nell’esercizio dell’Avvocatura non si esprimeva poi nella discussione passionale, alla quale è stato ricordato poi l’Avvocatura meridionale era incline. La passione dell’ avvocato era quella straordinaria capacità di farsi carico del dramma dell’imputato. La passione era declinata in questo modo. Egli non era l’avvocato, diventava l’imputato. Si calava talmente a pieno nella posizione e nel dramma del suo assistito che questa era la sua espressione della passionalità. E quindi primo memo per chi farà ancora l’avvocato e’ essere passionale declinato in questo modo”. Ma c’è un secondo memo, come aveva ricordato prima di lui Bruno Larosa, ovvero la logica: “lo studio delle carte, l’analisi dei processi e delle questioni era condotta da lui in modo logico. Non c’era nessuna indulgenza all’innamoramento della tesi, che e un altro dei limiti di certa avvocatura meridionale. Il professore era sempre bene attento a delineare una linea difensiva che fosse sempre logica e mai incoerente. Ed è questo un altro lascito suo originale, così come ne è stato originale il racconto di Bruno Von Arx. Logica e passione accompagnata da una grande onestà intellettuale nei confronti dell’assistito. Mai trascurato nessuno aspetto della posizione dell’assistito”. L’avvocato Manuela Palombi, che ha moderato l’incontro insieme al suo collega nel Consiglio dell’Ordine Attilio Belloni, tra i primi interventi dopo i saluti del presidente dell’Ordine Carmine Foreste e del presidente della Camera Penale Marco Campora ha voluto ricordare: ” l’ umanità, la saggezza e generosità del professore Stile. Le tante volte che siamo stati insieme. La dolcezza con cui parlava dei nipoti. Garbo e umanità anche nei confronti dei più giovani colleghi Sempre pronto a darci un consiglio e a venire incontro a noi giovani”. E’ stata lei ad introdurre l’intervento del presidente del Tribunale di Napoli, Elisabetta Garzo, che nella storia professionale del professore Stile si e’ spesso confrontata negli anni della Tangentopoli napoletana quando guidava la Terza Sezione Penale.
GARZO: CON LUI UN CONFRONTO ECCEZIONALE E RISPETTO RECIPROCO
Elisabetta Garzo, presidente del Tribunale di Napoli ha ricordato come da giudice prima e poi presidente della Terza Sezione Penale e a Santa Maria Capua Vetere, si sia negli anni confrontata spesso con il professore Stile. Ne ha tratteggiato la figura di un professionista: Un po’ ironico e un po’ accattivante. Questa la sua immagine che conservo. Ho conosciuto il professore Stile negli anni 80. La sua persona mi era già familiare, perché non posso non ricordare il fratello del professore Stile, Paolo, di cui sono stata uditore giudiziario. Paolo e il professore Alfonso si assomigliavano tantissimo. Per me era un volto familiare, un volto noto. Perché grazie agli insegnamenti di Paolo Stile ho vissuto i primi approcci nella magistratura. Nel periodo della Tangentopoli degli anni 80 e anche tanti processi a Santa Maria Capuea Vetere, il confronto con il professore Stile e’ stato sempre eccezionale. Nessun atteggiamento ostile. L’atteggiamento era di chi propone tesi diverse in un clima di immenso rispetto e grande condivisione per l’approccio prospettato dal professore Stile. Questo grande rispetto reciproco ha contraddistinto il confronto negli anni. Anche un approccio ironico. Anche dopo la pronuncia di un dispositivo di condanna non vi era mai un atteggiamento di ostilità o di non condivisione. Del resto era perfettamente consapevole della possibilità di impugnare il provvedimento”.
IL PROCURATORE GIALANELLA:
“Una intensità di rapporto vero” quello che il magistrato alla guida fino a pochi giorni fa della Procura Generale di Napoli Antonio Gialanella ha voluto evidenziare nel suo intervento per ricordare il professore Stile.Anche per Gialanella un rapporto di profondo legame con il fratello Paolo, per l’ appunto mi accolse quale pubblico ministero, novello sostituto pg in Cassazione”. E proprio legato alla sua esperienza in Cassazione e’ l’aneddoto raccontato da Gialanella per ricordare Stile: ” Stavo passeggiando in Via dell orso a Roma, dall’altra parte del fiume nei pressi della Cassazione all’ esito di una udienza complessa dinanzi alla Seconda Penale. Il professore Stile e me come parti contrapposte nel giudizio di legittimità. Avevo contrapposto una posizione di argomentata opposizione alle tesi del professore, che mi aveva replicato con acume. Mi trovo il professore che passeggiava anche lui, non riuscii trattenermi chiedendogli se ci fosse rimasto un po male. Domanda a cui risponde con quel sorriso rassicurante: al contrario ho apprezzato molto lo studio delle mie tesi”. Questa per Gialanella e’ la dimostrazione di come il professore: “Ha sempre predicato l’arte e la pacatezza senza retorica. Senza mai alterigia intellettuale. Un approccio laico”. Per Gialanella, che richiama nel suo intervento il filosofo del diritto La Torre, quella del professore Stile e’ stata l’armonizzazione tra due modelli diversi di avvocato, il suo sicuramente “un modello vincolato ai doveri di lealtà processuale. Investito da un ruolo di pubblico ministero antagonista”. Un’armonia tra due visioni distinte: ” Un nobile esempio di questa armonia sta nel dovere deontologico di indipendenza profondamente vissuta dal professore Stile. L avvocato, come lo ha definito Dostojeskii “non è una coscienza a noleggio”. Una pubblica garanzia di verità di cui dobbiamo essere grati al professore Stile”.
IL PM WOODCOCK: RAPPRESENTANTE DI UN’AVVOCATURA CHE STA SCOMPARENDO
Anche il sostituto procuratore della Dda di Napoli Henry Jhon Woodcock ha ricordato la figura del professore Stile, un rappresentante di un’Avvocatura che sta scomparendo: “Tanti sono stati gli aggettivi usati nel ricordo del professore Stile- ha spiegato il magistrato- forse tranne uno: quello della sobrietà, accompagnata anche da un atteggiamento per certi versi sornione, lo rendeva più che mai amabile. Il rappresentante di un’Avvocatura, non me ne vogliano i piu” giovani, che in qualche modo sta scomparendo cosi’ come sta scomparendo quella Magistatura dalla quale io ritengo di essermi ispirato o almeno ho provato ad ispirarmi. Se un appunto posso fare alla mia categoria, oggi e’ quella di non essere qui particolarmente ed adeguatamente presente. Perché un evento come questo non è un evento organizzato per l’Avvocatura. Ma è un evento organizzato per e sui rapporti tra Avvocatura e magistrati. Vedete, l’unica citazione del tanto evocato Calamandrei: in realtà non esiste nessun migliore difensore dell’avvocato del giudice e nessun migliore difensore del giudice dell’avvocato. E’ la famosa allegoria dei due arrampicatori che scalano la stessa vetta”. Per il magistrato “e’questo che per me ha rappresentato il modello di avvocato di Alfonso Stile, di Enzo Siniscalchi, Mario Tuccillo, Ettore Stravino, tutti più o meno recentemente scomparsi. E’ l’idea che in aula ci può essere anche un confronto con vigore, finanche con una certa virulenza, ma che quando si oltrepassa la soglia dell’aula tutto deve essere finito. Nel senso che devono riaffiorare ai margini e dopo la soglia di quell’aula, mi permetto di dire, quei valori comuni quei “mores maiorum”. E ha concluso: “Spesso si abusa del termine “persona per bene”, che io utilizzo ovviamente senza nessun respiro per carità di ordine classista. Ma che significa persona per bene, quando si dice così. Significa condividere quei valori fondamentali, in ambito giudiziario o anche extragiudiziario che fanno sì che poi uno quando finisce la contrapposizione fisiologica del processo, si guarda in faccia e si attesta anche tacitamente la reciproca stima. Ecco, Alfonso Stile era una persona per bene”.
Allo scienziato del diritto che ha riportato l’Avvocatura napoletana ai fasti di un tempo ha fatto riferimento l’avvocato Bruno Von Arx, ricordando anche la sua esperienza da cattedratico e il suo coraggio. “Instancabile lotta per le affermazioni dei diritti e delle libertà di tutti non si è mai dato per vinto. E stato un liberale convinto ma mai un liberista” cosi ha chiuso il suo intervento un altro allievo del professore Stile, l’avvocato Bruno Larosa. Un aneddoto che dimostra anche quanto fosse forte l’amore per la sua professione e’ stato quello raccontato dal penalista Dario Vannetiello, allievo del professore Stile. “Dopo trenta anni esatti ho rotto il patto di silenzio con il professore” ha voluto rimarcare Vannetiello. Raccontando di una sera del 1994, in studio erano andati già via segretaria e altri collaboratori, lui era rimasto insieme al professore Stile. Arriva una telefonata. Dall’altro capo del telefono c’è Bruno Vespa, che Vannetiello annuncia al professore Stile con il timore di essersi imbattuto in uno scherzo. Alla fine era proprio Vespa, che al professore voleva chiedere conferma del fatto che gli fosse stato proposto di diventare Ministro di Grazia e Giustizia. “Dopo aver ascoltato la conversazione telefonica con Bruno Vespa mi disse : Dario sai che il silenzio è una dote che deve avere un uomo ? Vero ?- racconta Vannetiello- Si , si , risposi da giovane praticante avvocato , imbarazzato per essere stato testimone di un momento importante della vita politica del nostro paese, nel contempo scioccato per il rifiuto del professore alla poltrona di Ministro della Giustizia.E dopo 30 anni era il momento di rivelare questo episodio , eloquente dell’attaccamento alla professione di avvocato significativo e per la difesa nei processi penali .Lui è stato mio maestro di vita e di diritto .Devo a lui molto , anzi moltissimo”.