– di Antonio Porcelli – Una volta per tutte possiamo dimostrare che l’Irpinia non è una provincia fondata sulla fedeltà. La vittoria di ieri sera dell’Air sui simpatici “amici” di Capo d’Orlando apre nuovi squarci e prospettive inimmaginabili fino a pochi mesi fa. Ha vinto la squadra di Matteo Boniciolli e del consulente Zorzi, ha vinto (e non è ancora finita) il geometra Vincenzo Ercolino, uomo genuino con i calli e dalle radici solide, con l’intelligenza dal sapore antico. Ha vinto lo sponsor, i tifosi , giovani, donne, adulti e tante famiglie al Paladelmauro, ha vinto lo sport dei sacrifici e dei sani investimenti. Onore a Vincenzo che ha saputo creare la famiglia del basket irpino, la vera sorpresa del campionato. Ercolino e Antonio Sibilia , sono emblematici del successo che arriva quando lo sport sano vince contro i cooptati e quando al manager obbediente si preferisce quello bravo. Il basket di Matteo Boniciolli è la scelta lungimirante dell’organizzazione di un processo. Ogni cosa al punto giusto, ad iniziare dal capitalismo familiare filtrato dall’efficienza e dal budget legato ai risultati, alla fiducia più che alla cieca obbedienza. Ora inizia la fase più delicata: siamo in Europa, ma la città e l’Irpinia non sono pronte per il gran salto. Ha ragione Boniciolli: “Non possiamo permetterci di andare allo sbando, come il campagnolo che arriva per la prima volta nella grande metropoli” per intenderci, sul tipo Totò e Peppino davanti al Duomo di Milano. I tempi sono cambiati e le società, gli atteggiamenti, il modo di essere dovrà cambiare. Meno ruspanti, più tecnici preparati, ma innanzitutto una politica diversa. Qualcosa inizia a muoversi anche in Irpinia, ma non ci siamo. Ad onor del vero, mancano capitali, persone di spessore pronte a rischiare, mancano i processi produttivi. Boniciolli avverte: “Non possiamo pensare che Ercolino sia costretto a chiudere i cantieri o Preziosi sia costretto a vendere i pullman per garantire un team da Eurolega”. Il sogno dei prossimi mesi, senza un progetto serio può tramutarsi in un disastro. Eppure si continua a parlare, ogni benedetto giorno, ogni ora e in ogni salottino, di manager, convenzionati e politici inefficienti. Forse, ma non tanto, è il caso di ripartire dalle fondamenta: una società è sana quando ogni “rotella” lavora al progetto per raggiungere il target prefissato. In questo caso vanno privilegiati manager diversi con retribuzioni legate ai risultati e meno conservatori, con gente disposta a rischiare e ricca di attivismo. Per intenderci, meno seduti… come l’Irpinia degli ultimi 25 anni. Ora è il momento che i ganci… si sganciano. Per dirla tutta e non essere frainteso, con un Mezzogiorno ritornato nella spirale del sottosviluppo e con il Nord sempre più teso ad evidenziare le distanze dal sud e da Roma, anche nell’Irpinia dei de Sanctis e Guido Dorso inizia l’insofferenza, a partire da Napoli sempre più lontana, tranne che per il calcio e l’amore antico per Diego e i suoi funambolismi. E anche noi, come tanti altri cittadini “sfiduciati”, iniziamo a distinguere tra laici e cattolici, creando i solchi di una comunità divisa nella politica e nell’etica tanto che le terapie e i rimedi non hanno più la presa di un tempo. Anche noi, gli irpini dell’arte e dell’intelligenza, desideriamo andare oltre , voltare pagina, andare oltre le “personalizzazioni” della politica improntata da anni sul rapporto con i cittadini su base locale. Qualcosa inizia a muoversi per evitare il destino ineluttabile. Oggi basta un clic e scopri il mondo. Basta l’Air e scopri il gruppo. Una sorta di evento liberatorio che fa riflettere. In fondo, anche la gente normale inizia a comprendere che tra il Pd e il Pdl la differenza è una elle… tranne i volti di Silvio e Walter. L’Air dei miracoli diventa pertanto la reazione all’emergenza, a rimboccarci le maniche, trasformando l’emergenza in motivo di rilancio e di unità. Il sogno collettivo del miracolo e del sogno da perseguire è forse come il cesto insaccato dalla metà campo dagli “eroi” del basket avellinese. Basta avere la tecnica, la capacità di smarcarsi, con un buon gioco di squadra, un buon nocchiere, tanto lavoro e tanta voglia di vincere contro gli stereotipi del passato. Il miracolo Air può essere un modello da coltivare senza tentennamenti sul tipo, “Ercolino sempre in piedi”, il pupazzo della Galbani che per un artificio cascava a terra e subito si rialzava. Basta crederci.
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