Il Castello della Leonessa tra “Vita e arte”. Montemiletto al centro della cultura

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Marco Imbimbo – Montemiletto come capitale della cultura per 5 giorni. Tutto ruota intorno al Castello della Leonessa dove vita e arte saranno le parole d’ordine per un progetto ambizioso, ma «lungimirante» come lo definisce il sindaco Agostino Frongillo.

Questa mattina, presso il Circolo della Stampa di Avellino, il primo cittadino ha presentato la rassegna “Vita e arte al Castello della Leonessa”. Al suo fianco l’assessore alla Cultura, Giuseppina Meola, il direttore artistico Marco Tonelli, e l’architetto Mario Pagliaro che sta curando il restauro del mastio del castello. Ed è proprio lo storico edificio a fare da volano all’iniziativa che partirà il 10 dicembre per concludersi il 14 e vedrà alternarsi Vinicio Capossela (10 dicembre), Paolo Fresu (11 dicembre), Valerio Massimo Manfredi (12 dicembre), Danilo Rea (13 dicembre) Pappi Corsicato (14 dicembre).

«Quando ci siamo insediato nel 2016 avevamo già in mente un progetto del genere», spiega il sindaco Frungillo ricordando come il Poc 2014-2020 venne  individuato come la misura ideale per realizzare questo sogno. «Abbiamo da subito puntato sulla valorizzazione dei nostri beni, perchè laddove ci sono meritano di essere messi al centro dell’attenzione. Possono diventare degli attrattori».

Il nome della rassegna, “Vita e arte al Castello della Leonessa” è merito dell’assessore Meola, come sottolinea il primo cittadino. «Due parole che condensano il senso della manifestazione: ridare vita al Castello grazie all’arte», spiega Frungillo. «Quindi abbiamo puntato su due fattori: riqualificare il torrione e fare in modo che venga visitato». A ciò si aggiunge l’attenzione messa sulla cultura del vino a cui è dedicata la giornata del 12 dicembre con la lectio magistralis di Valerio Massimo Manfredi “Il vino tra storia e mito”, perché «oggi il vino è arte e vera e propria scienza», spiega il primo cittadino.

Ad alzare il sipario della rassegna sarà Vinicio Capossela con una rielaborazione de “I cerini di Santo Nicola”, con in inizio il 10 dicembre alle ore 20. Il giorno dopo toccherà a Paolo Fresu con “Dolce al palato e portatore di sogni allegri” per quello che viene definito “un incontro tra parole e musica” in cui il celebre trombettista sardo renderà omaggio al jazzista Frank Guarente, nato a Montemiletto ed emigrato negli Usa a inizio Novecento dove ha diretto la banda jazz “The Georgians”. Il 12 dicembre, lo storico Manfredi, darà spazio al mito del vino nella storia. La cultura enologica sarà presente anche il giorno dopo quando il protagonista sarà Danilo Rea che affronterà la sua carriera, il mondo della musica e dello spettacolo. A precederlo ci penserà una degustazione del fiano di Avellino (ore 18,30) mentre dopo l’incontro con l’artista si terrà un laboratorio sempre sul fiano di Avellino. A chiudere la rassegna ci penserà il regista napoletano Pappi Corsicato con un confronto sul tema “L’arte viva”. Anche il 14 dicembre sarà caratterizzato da degustazione e laboratorio di vino, questa volta incentrato sull’aglianico.

Il tutto avverrà con il Castello a fare da cornice perché la volontà è quella di riaccendere i riflettori sull’edificio. «Lavoriamo a un progetto che metta in rete i tre castelli di Montemiletto, Lapio e Taurasi – spiega Frungillo. Guardiamo con lungimiranza alle potenzialità dei nostri territori. Oggi il castello sta vivendo una seconda stagione di bellezza, anche i cittadini si sentono partecipi di questo rilancio».

La rassegna non è frutto del caso, perché i 5 artisti sono stati fortemente ricercati e voluti, come sottolinea il direttore artistico, Marco Tonelli. «Abbiamo pensato da subito a una serie di incontri che si svolgeranno in forma di chiacchierata e lectio magistralis, non propriamente come concerti. Poi, se gli artisti vorranno allietare la serata con le loro note, ben venga – spiega Tonelli. L’idea di base, però, è stata chiamare artisti e studiosi per farli interagire con il pubblico e coinvolgerlo, come spesso fa Danilo Rea mentre Paolo Fresu ha avviato la sua carriera da una banda di un paesino sardo, portando la sua musica in giro per il mondo e collegherà a Frank Guarente».

La volontà della rassegna è mettere il territorio in primo piano e per questo non poteva mancare Vinicio Capossela, ma anche la lectio magistralis del professor Manfredi che punterà sul vino, vero e proprio ambasciatore della nostra terra. «Non abbiamo voluto fare una rassegna schematica – sottolinea Tonelli – cercheremo di creare una coreografia che permetta al pubblico di vivere un’esperienza magica e immergersi nel castello». Una rassegna che guarda anche la futuro, perché se Paolo Fresu è riuscito a creare un festival jazz in Sardegna che, in 30 anni, ha portato tutti i più grandi musicisti internazionali, «anche noi dobbiamo pensare in grande – spiega Tonelli. Dobbiamo essere lungimiranti senza porci limiti».

A ideare la rassegna è stato l’assessore Giuseppina Meola. «Vita e arte sono la sintesi perfetta dell’esigenza e dei sogni sia di un’amministrazione che della comunità. Perché come diceva Calvino “D’una città non godi le sette o le settantasette meraviglie, ma la risposta che dà a una tua domanda” e quindi a quelle di una comunità. Con questa cinque giorni proveremo a dare le risposte e lo faremo creando nel castello uno spazio di vita e arte, con la cultura che va a declinarsi in tutte le sue forme quasi come una visione salvifica dell’uomo. Cultura intesa anche come l’arte di saper apprezzare il vino e quindi i territori».

Il Castello della Leonessa, dunque, diventerà il catalizzatore di questa rassegna, grazie anche al restauro del torrione che sta curando l’architetto Mario Pagliaro. Il suo progetto nasce dalla volontà di «intervenire facendo poco perché, quando si lavora su una struttura storica e preesistente bisogna fare il minimo indispensabile per arrivare a rifunzionalizzare gli spazi». Bisogna evitare il rischio, dunque, di stravolgere l’essenza storica dell’edificio in questione.

«Il mastio del castello, per le sue caratteristiche, non ha mai avuto una funzione ben precisa nella sua storia – spiega Pagliaro – se non quando, nel 1600, è stato adibito a prigione». Di quel periodo ci sono ancora le tracce con i graffiti dei detenuti fatti sui muri, aspetti che vengono valorizzati da un metodo di restauro che, oltre al principio del minimo intervento, si è basato su «la reversibilità, un principio critico per cui tutto può essere messo in discussione – spiega Pagliaro. Non ci deve essere un vincolo eterno perché, un domani, l’intervento effettuato deve poter essere rimosso senza creare danni alla struttura. E poi c’è la distinguibilità, ovvero rendere distinta l’integrazione da ciò che è originale».

Principi, questi, che servono ad evitare che i restauri possano restituire dei falsi storici, ovvero degli edifici che hanno poco o nulla in comune con la loro origine. Inoltre bisogna  permettere anche di vivere quegli spazi. «Il mastio sarà  caratterizzato da un percorso in acciaio e legno, per un passaggio funzionale e di esposizione degli elementi d’arte – spiega Pagliaro. Questo camminamento consentirà di salire ed entrare nelle prigioni per guardare le iscrizioni dei carcerati. Ci sarà un soppalco in acciaio e vetro che ci sospende su un pezzo di storia. Il nostro studio punta a rifunzionalizzare il bene in maniera ottimale».