Michele De Leo – L’Avellino continua a non imparare dai suoi errori. Soprattutto, è il direttore sportivo dei lupi Salvatore Di Somma che, c’è da auspicare in maniera inconsapevole, continua a spargere benzina sul fuoco delle polemiche ed a collezionare prestazioni ben al di sotto della sufficienza. Il contrasto con Fabio Tito – quasi sempre tra i migliori nel corso dei suoi diciotto mesi in biancoverde – non è solo sbagliato nei modi e nei tempi. Fa sorgere pure più di qualche sospetto. Partiamo dalla questione contratto. E’ singolare come una società solida, che ha deciso di puntare sul blocco dei migliori (per rendimento) della passata stagione, arrivi alla vigilia del mercato di gennaio senza aver definito la questione contrattuale. Con Tito, infatti, andranno in scadenza nel prossimo mese di giugno anche Silvestri, D’Angelo, Aloi (che, fino a qualche settimana addietro, era un altro dei titolari inamovibili) e De Francesco. E’ inevitabile – e l’Avellino ha già pagato un prezzo molto salato in avvio di stagione – che l’incertezza sul futuro provochi qualche tensione e qualche malumore eccessivo che rischia di pesare oltremodo sul rendimento di singoli e squadra. Venendo al caso specifico di Tito, le problematiche potrebbero riguardare non solo l’aspetto economico ma anche la durata del contratto. Il terzino ha manifestato la volontà di continuare la sua esperienza in maglia biancoverde ma, nello stesso tempo, ha ammesso che “non siamo vicini ad un’intesa”. Il direttore sportivo, dal canto suo, ha sottolineato come l’Avellino abbia “offerto una cifra importante che non è stata accettata”. Se la questione fosse meramente economica, queste dichiarazioni farebbero pensare ad un Tito che pretende cifre astronomiche e ben più alte dell’attuale ingaggio piuttosto che di un Avellino che mette sul tavolo un piatto di lenticchie in aggiunta a quanto il difensore biancoverde già percepisce. La questione va affronta e risolta a stretto giro, per evitare che il ragazzo possa essere ammaliato da eventuali sirene di mercato – che certo non mancano e non mancheranno per il migliore del girone nel suo ruolo – e, soprattutto, che l’Avellino possa perdere uno dei pezzi pregiati della sua rosa. Del resto, Tito ha voluto fortemente vestire la maglia biancoverde. “Il giocatore – furono le parole del diesse Di Somma al suo arrivo in Irpinia – ha aspettato che la società definisse alcune situazioni in sospeso: la sua perseveranza ci ha ulteriormente convinto che si tratta di un ragazzo con le qualità caratteriali che cercavamo. Se a questo uniamo il suo spessore tecnico, visto negli ultimi due anni a Vibo Valentia, arriviamo alla conclusione di aver portato ad Avellino un ottimo calciatore”. Ma, nonostante il suo rendimento, il direttore sportivo ha sempre cercato un’alternativa, puntando su Baraye – che avrebbe voluto acquistare a titolo definitivo – a gennaio e su Mignanelli nel mercato estivo. Non è un caso se l’agente del calciatore Matteo Coscia abbia voluto sottolineare il comportamento e le prestazioni del suo assistito “nonostante sia stato messo in competizione con un terzino di valore”. Tifosi e giornalisti non possono certo entrare nell’affare Tito e giudicare il tipo di contratto, la sua durata e l’aspetto economico. Una riflessione, però, andrebbe aperta su un direttore sportivo che – dopo aver deluso le aspettative in un mercato estivo in cui più della metà dei neo acquisti è stata poco o per nulla utile alla causa – ha toppato tempi e modi della questione rinnovi. Alle porte c’è il mercato di gennaio: sarebbe auspicabile una sveglia della società non solo con investimenti importanti che, in estate, non sono stati all’altezza delle aspettative e degli impegni assunti.
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