“Il biodigestore è la prova che c’è un disegno oscuro per affossare l’Irpinia del vino. Questa volta non ci fermeremo alle proteste di piazza…”. Chianche, parla l’imprenditrice Teresa Bruno

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Alfredo Picariello – Il suo vino è conosciuto ed apprezzato in tutto il mondo. Ma, di pari passo alle sue doti, che condivide con il fratello, di produttrice, vanno anche la sua tempra e la sua tenacia. Due anni fa, non ci pensò su un attimo. Salì su di un un trattore e insieme a tantissime altre persone, sfilò per dire no al biodigestore a Chianche. Teresa Bruno non molla, la battaglia continua. La sua, quella della sua azienda “Petilia” e di “Enovit”.

Le “denunce” di cittadini, ambientalisti e imprenditori sembrano non sortire gli effetti sperati: a quanto pare, il biodigestore a Chianche prende sempre più quota. Perché, secondo Lei, non si tengono in debito
conto le istanze che arrivano da più parti?

In Italia pare che la democrazia sia fondata sulla burocrazia, la stessa che, con regole generali, dovrebbe garantire uniformità, continuità e stabilità. Nel nostro caso non è così: l’Ato rifiuti, che da anni sta cercando il modo di imporci a tutti i costi il sito di Chianche, ha pensato bene di nascondersi dietro esperti che hanno ideato e costruito graduatorie e punteggi dei siti richiedenti il biodigestore senza esplicite richieste, le stesse che fanno intendere che ci sono altri siti alternativi e pronti ad accogliere l’impianto di trattamento dei rifiuti.

Non trova che ci siano diverse contraddizioni in tutta questa vicenda. Si fa un gran parlare di turismo, enoturismo, valorizzazione delle eccellenze della provincia di Avellino, e poi si realizza un impianto di trattamento di rifiuti in un’area dove la produzione di vino, sottolineiamo docg, è il valore aggiunto…

In Irpinia è risaputo che ci siano tre docg, Chianche ricade nell’areale del Greco di Tufo docg , la docg per eccellenza e non perché lo dico io, ma lo dimostrano i dati di rivendicazione dei quintali di uva e degli ettolitri
prodotti in percentuale agli ettari di terreni vitati. Dunque, se sulle tre docg si producono maggiormente bottiglie di Greco di Tufo, per logica è il vino più conosciuto dell’Irpinia, e sempre per logica l’enoturista si reca maggiormente in questo territorio.

Cerchiamo di essere concreti: proviamo a far capire a chi ci legge, che danni subirebbero gli imprenditori se si dovesse realizzare il biodigestore a Chianche?

Il danno è almeno triplice. Il primo è sicuramente di impatto sul vino, e su tutta la filiera partendo dall’agricoltore, alle cantine, ai ristoratori, ai tanti giovani che stanno trasformando le case di campagna dei nonni in ostelli. Il secondo è di impatto sul territorio: abbandonando parte delle terre, il valore degli investimenti fatti sugli acquisti dei terreni diminuisce drasticamente e perderemo tutte le speranze di possibili investitori esterni. Il terzo, non ultimo, è la totale perdita di fiducia nelle istituzioni e nella politica specialmente attuale, che più volte è intervenuta in incontri pubblici per rassicurarci e al momento delle votazioni pochi rappresentanti hanno mantenuto la parola. Solo 5 su 12 , altri si sono giustificati ammettendo di non aver inteso l’importanza della votazione dello scorso 13 luglio. Per questi le dimissioni dovrebbero essere la scelta migliore.

Cosa vorrebbe dire alla politica ed ai rappresentanti irpini in consiglio regionale?

Ho la fortuna di conoscere alcuni di loro, e mi permetto di chiamarli e dirgli tutto quello che penso, d’altrocanto non vedo coesione nel consiglio regionale sull’Irpinia. Pare, ma questo è un mio pensiero, che ci sia una specie di progetto oscuro per affossare la provincia di Avellino e le tre docg e promuovere altre zone molto meno storiche e vocate della viticoltura campana. Manca in alcuni casi anche la coesione tra gli irpini ed è questa l’unica forza del sindaco di Chianche: stiamo permettendo di giocare una partita sulle sorti di un comparto importantissimo ad un comune di meno di 400 abitanti per lo più anziani e pensionati senza rinnovo generazionale. Non lo si può permettere.

Eppure ci sono altri siti alternativi. Come mai, secondo Lei, non sono stati presi in considerazione?
La cosa desta tantissimi sospetti, e anche il metodo di votazione frettolosa ne dà ampio adito. Se questi dovessero essere veritieri verranno a galla molto presto.

La vostra legittima “protesta” come andrà avanti? Siete disposti a scendere di nuovo in piazza come già avete fatto due anni fa oppure proverete ad interloquire con i rappresentanti istituzionali?
Le proteste di piazza non sono belle per nessuno, né a livello provinciale, né regionale e soprattutto nazionale. Nel caso fossimo costretti non ci fermeremo alla semplice protesta di piazza, andremo molto più in alto. Le forze le abbiamo tutte e lo abbiamo già dimostrato.

Infine, perché, secondo Lei, in questa provincia gli imprenditori non vengono ancora considerati la linfa vitale dello sviluppo?
È un problema italiano, non provinciale, la politica è lo specchio dell’elettorato. Se il lavoro viene inteso come fatica e non come benessere, se il lavoratore non si sente collaboratore, l’imprenditore finirà per non avere più stimoli per creare ed ampliare il reddito sul territorio. Abbiamo bisogno di stimoli e di politica che non faccia disparità sui territori, la grande Irpinia lo merita.

Teresa Bruno (foto di Antonia Di Nardo)