Avellino – Pronto al ritorno. Giovanni Romano, attuale presidente dell’Iacp ed ex assessore provinciale ai Lavori Pubblici, ritenta la strada in salita verso i banchi di Palazzo Caracciolo ed annuncia: “Sono pronto a dimettermi dalla presidenza dell’Istituto Autonomo Case Popolari e ricandidarmi alla Provincia dove ho lasciato delle cose in sospeso”. Romano nel 2004, durante l’era De Simone, conquistò il primato di primo eletto in Italia. Un record che testimoniò il suo forte radicamento sul territorio e la convinta volontà di “…voler far bene per l’Irpinia”. Ed è chiaro il pensiero del numero uno di via due Principati: “La mia aspirazione è quella di candidarmi in rappresentanza dei Popolari Margherita per l’Unione di Centro sia a Palazzo Caracciolo che al Consiglio comunale di Grottaminarda. Voglio portare a termine tutti i progetti pianificati nel quinquennio 1999/2004 perché sono fermamente convinto che negli amministratori di questa provincia manchi un requisito importantissimo: l’attenzione al sociale affossata dalle belle parole di chi ne inventa una più del diavolo pur di ottenere visibilità”. Tutto ancora da delineare per quanto riguarda il ciclo di alleanze che il gruppo demitiano tesserà con gli altri partiti. Ma una cosa sembrerebbe esser certa: “Si concorrerà con liste autonome e se ci saranno alleanze saranno basate sulla concordanza di programmi condivisi”. La linea e i principi adottati da Romano sono senza ombra di dubbio rivolti al sociale. “Oggi le popolazioni chiedono di esser amministrate ricevendo servizi consoni alle emergenze sociali. È stata calpestata la dignità umana e i valori sono stati trascinati nel baratro ultimo della società”. Un esempio su tutti: la crisi economica nazionale che ha avuto gravi ripercussioni anche sull’indotto provinciale. “La ricetta per rialzarsi dal fondo non sta nella volontà degli amministratori, ma nelle scelte della Regione che non sa gestire i Fondi Europei. In Irpinia ci siamo ubriacati di parole sulla valorizzazione del vino, ma in concreto a cosa siamo arrivati? Solo in pochi si sono arricchiti, mentre i contadini hanno peggiorato la propria condizione economica investendo in progetti ‘vuoti’. Unico riflesso di questa filiera vinicola è stata l’esportazione di una promozione del territorio che in termini di profitto non si è spalmata orizzontalmente. Il guadagno è stato solo di poche cantine sociali ed una bottiglia di vino, del nostro vino, è un lusso che possono permettersi solo in pochi”. L’analisi di Romano, poi, si sofferma anche sullo status della città di Avellino e sulle ragioni che l’hanno spinta tra le ultime città italiane in fatto di qualità dei servizi e di vivibilità. “Il problema è che ognuno cammina per conto suo. Si parla di valorizzazione territoriale, ma senza progettare infrastrutture, promuovere formazione e usare le risorse disponibili adeguatamente. Ad Avellino manca un sistema sociale aggregativo ed io mi chiedo: ‘A cosa serve la riqualificazione urbana se poi alcuni quartieri restano ghettizzati?’ La mia paura è che il capoluogo resti ferma a metà strada: tra l’ambizione di diventare città e l’aspirazione ad essere un grande paese”. (di Marianna Marrazzo)