Alfredo Picariello – I 160mila motori all’anno per la Sevel (stabilimento abruzzese che si occupa della produzione di veicoli commerciali che, come è noto, si sottraggono alle restrizioni sulle emissioni di CO2 previste dalle normative europee) non farà tirare un sospiro di sollievo alla Fca di Pratola Serra. “Il nostro timore – afferma Giuseppe Morsa, segretario provinciale della Fiom Cgil – è che si tratti di una sostituzione dei motori che attualmente si producono in Irpinia e non di un’aggiunta. Purtroppo ciò conferma le nostre preoccupazioni: la scelta di realizzare a Pratola solo motori diesel non è vincente, proprio in un momento così particolare. C’è un’evoluzione della motoristica, ormai tutte le principali case automobilistiche sono orientate verso un’alternativa al diesel”.
A breve, nello stabilimento ex Fiat della provincia di Avellino, partiranno i lavori per le modifiche al software utili a realizzare il nuovo motore per la Sevel. Ma, nel frattempo, l’azienda ha fatto richiesta al Ministero di proroga degli ammortizzatori sociali che finiranno il 27 ottobre. “Sarà un altro anno di sofferenza per l’Irpinia. Chiediamo alla Fca – sottolinea Morsa – di non far pagare la crisi soltanto ai lavoratori. Ormai a Pratola si va avanti con gli ammortizzatori sociali da ben dieci anni. La Fca dovrebbe fare degli investimenti, garantire agli operai un salario uguale a come se lavorassero. La Regione Campania, invece, dovrebbe realizzare un piano di sostegno al reddito così come fece Bassolino nel 2010, grazie ai fondi europei. Ed impegnarsi anche sul versante delle politiche attive, puntando sulla formazione. Non dimentichiamo che i lavoratori in difficoltà in provincia di Avellino sono tantissimi”.
Il nodo di Pratola Serra quindi permane. “C’è questa politica di lotta al diesel che penalizza aziende come quella irpina. Dovrebbe essere una scelta graduale, atta a garantire un passaggio graduale da un modello di produzione ad un altro. Se si disincentiva il diesel e, nel frattempo, non si offono alternative, la Fca rischia di chiudere almeno per un anno. Basti pensare che negli ultimi dieci anni a Pratola Serra si sono prodotti un milione e ottocentomila motori in meno”.
Degli iniziali 1.914 operai, ne sono rimasti 1.800. E lavorano, più o meno, sei giorni al mese. Quasi del tutto scomparso l’indotto che dava lavoro a 130 persone. “La cosa più brutta – conclude Morsa – è che non ci sono prospettive di lunga gittata. La nostra proposta di produrre motori diesel elettrici è rimasta lettera morta”.