In data odierna, il Segretario Generale del Sindacato Comparto Sicurezza e Difesa – S.C.S.D., Antonio de Lieto, questa mattina ha inviato una missiva al Presidente del Consiglio Senatore Mario MONTI, al Ministro dell’Interno, al Ministro di Giustizia, ai membri del Governo e Deputati. Nello Specifico DE LIETO ha segnalato: “La nascita ed il prolificare dei moderni istituti di vigilanza affondano le proprie radici in tempi storicamente e socialmente lontani. Uguali sono, pur tuttavia, i fini che ad oggi ne caratterizzano l’operato. Tali fini rispondono, in primo luogo, all’atavica esigenza dell’uomo di provvedere alla propria difesa personale e patrimoniale, anche delegando tale attività a terzi; ed, in secondo luogo, rispondono alla pressante necessità di supplire all’attività dello Stato, le cui forze si rivelano spesso incapaci di contrastare sul campo i fenomeni legati, latu sensu, alla criminalità. Si tratta di una incapacità non solo funzionale, ma spesso quasi inevitabilmente fisiologica in uno Stato che fa del rispetto delle libertà individuali un suo elemento fondante e che, pertanto, deve, spesso suo malgrado, accettare di cedere il passo alle necessità di controllo del territorio . Tuttavia, è proprio in quest’ottica che si può riconoscere, agli istituti che operano nel settore, un fine ed una utilità sociale, nonché una applicazione di quel principio generale della “collaborazione civica”, il cui fondamento costituzionale è rinvenibile nell’osservanza dei “doveri di solidarietà sociale” di cui all’art. 2, Cost. Coerentemente con i fini di utilità pubblica che tali istituti sono destinati a perseguire, la loro attività deve essere comunque pur sempre soggetta a controlli atti ad assicurarne il corretto esercizio di poteri e funzioni che altrimenti rischierebbero di far prevalere gli interessi privati di singoli su quelli della collettività: questo è il senso della sentenza della Corte Costituzionale del 6 luglio 1965, n. 611, con cui si è dichiarato costituzionalmente legittimo l’art. 134 del Testo Unico delle Leggi di Pubblica Sicurezza – Regio Decreto 18 giugno 1931, n. 773 – laddove esso, appunto, dispone che il diritto di esercitare in via professionale l’attività di investigazione o di vigilanza è soggetto a limitazioni tese a garantire il perseguimento di finalità pubbliche. A tutto quanto già detto non può, purtroppo, non aggiungersi l’amara constatazione che, anche in un settore in fermento come quello della sicurezza, il legislatore sta fornendo risposte insufficienti, non in grado di valorizzare un mercato che ha conosciuto negli ultimi decenni, e sempre in rapida ascesa, un enorme sviluppo sia dal lato della domanda – dovuto dal dilagare dei rischi cui è esposto il patrimonio in qualsiasi sua forma – sia dal lato dell’offerta – che, beneficiando delle possibilità offerte dal progresso tecnologico, ha consentito agli istituti di proporre servizi variegati e collaterali rispetto alla semplice vigilanza, maggiormente in grado di adattarsi alle singole esigenze. L’esercizio dell’attività di vigilanza coinvolge, a diverso titolo, tre diversi soggetti, ciascuno portatore di propri interessi particolari. Nelle fasi patologiche del rapporto, tali interessi riflettono altrettante responsabilità, che gravano sulle guardie giurate verso l’istituto di vigilanza e su questo verso il cliente/committente. Il disagio che da anni investe la categoria delle guardie particolari giurate , diventata ormai un vero corpo al servizio dei cittadini e, molto spesso, utile alle forze dell’ordine, riguarda il mancato riconoscimento di una specifica funzione che ne attesti uno specifico status giuridico. La disciplina vigente in materia di sicurezza privata risale ad un vecchio regio decreto del 1931. Il riconoscimento della qualifica di «incaricato di pubblico servizio» è stato un passo importante, anche se molto piccolo, scaturito dalla diversificazione dei compiti assegnati a questa categoria di lavoratori, i quali, sempre più spesso, stanno integrando le forze dell’ordine nel controllo degli obiettivi sensibili, quali le strutture aeroportuali e portuali, gli uffici pubblici, le strutture sanitarie e così via. Le mutevoli e svariate condizioni d’impiego delle guardie particolari giurate e le continue richieste di una maggiore sicurezza in alcuni settori privati e della pubblica amministrazione rendono la legislazione in materia soggetta a continue modifiche, ciò che genera vuoti normativi e lascia all’interpretazione personale di prefetti e questori la soluzione dei continui quesiti sollevati. Attualmente, al livello giuridico, la figura delle guardie particolari giurate si può collocare a metà strada tra il privato cittadino e gli agenti delle numerose forze di polizia presenti sul territorio. Il riconoscimento di servizio di pubblica utilità, inserito di recente nel testo unico di pubblica sicurezza, non consente, agli istituti di vigilanza, l’utilizzo dei sistemi di segnalazione visiva ed acustica di emergenza, per reprimere e contrastare il reato contro il patrimonio – si ricorda che l’80 per cento del denaro nel nostro Paese viene trasportato dalle guardie particolari giurate – né alle guardie particolari giurate è riconosciuto alcun potere, di nessun genere – questione che, ad avviso di questa O.S. , risulta inaccettabile a fronte dei compiti che oggi lo stesso Stato affida loro. Tale assunto deriva dal principio secondo cui sono ufficiali ed agenti di polizia giudiziaria, nei limiti del servizio a cui sono destinate e secondo le attribuzioni ad esse conferite dalle leggi e dai regolamenti, tutte le persone incaricate di svolgere compiti di prevenzione e repressione di determinate specie di reati. Le guardie giurate sono, infatti, chiamate allo svolgimento di tali compiti avendo ricevuto specifica investitura amministrativa all’esercizio di poteri che attengono alla potestà dello Stato: pertanto, nei limiti delle loro competenze, al pari degli organi di polizia giudiziaria, anche le guardie giurate sono chiamate, come pubblici ufficiali, ad agire in nome e per conto dello Stato. Inoltre, la guardia particolare giurata, come si evince dalla definizione, al momento del rilascio dei titoli effettua un giuramento di fedeltà al Capo dello Stato e alle sue leggi, il medesimo che prestano gli appartenenti alle forze dell’ordine e armate nonché tutti coloro che devono esercitare delle pubbliche potestà. Alle guardie giurate investite della qualifica di pubblici ufficiali ad avviso di questa O.S. è, quindi, riconosciuto, nell’ambito di loro competenza, il potere-dovere di ricercare ed arrestare in flagranza i colpevoli dei reati alla cui repressione sono preposti, assicurando le prove e adottando le misure cautelative e di coercizione richieste dalle circostanze e quindi va riconosciuta con chiarezza la qualifica di agenti e ufficiali di P.G. Difatti dal riconoscimento di tale qualifica discende una conseguenza ulteriore, che si riflette sul valore da attribuire alle “relazioni di servizio” redatte dalle guardie giurate”.