Recensione del libro di Raffaele Masiello con sintesi di un colloquio con l’autore
Finalmente arriva un volume, piccolo nel formato ma non nel contenuto, che rende giustizia al Rione scomparso della Fratta di Grottaminarda. L’opera nasce dalla penna di Tonino Capaldo, docente in pensione di Materie Letterarie nelle Scuole Medie Statali e noto ampiamente per i suoi studi storici, linguistici, letterari e per i suoi componimenti poetici. Il volume, donato agli ex (e nuovi) allievi, agli ex abitanti della Fratta e agli amici, non è un testo storico propriamente detto, ma è un testo sociale “rivoluzionario”
(nel senso che intende scuotere le menti e i cuori) e racconta cosa è stato il Rione Fratta di Grottaminarda, evidenziandone l’identità.
Il lettore non troverà tutte le fasi storiche attraversate dal Rione, considerato il primo nucleo abitato di Grottaminarda, ma una serie di informazioni utili alla comprensione storica e sociale dello stesso.
Il volume potrebbe essere diviso in tre parti principali: una parte storica, in cui sono citati o riportati vari documenti, ben puntualizzati e indicati, che stimolano il lettore ad ampliare il discorso e a fare le sue riflessioni.
Una parte più scientifica, o “analitico-sociale”, è dedicata alle schede del 10° censimento generale della popolazione svolto il 15 ottobre 1961. Capaldo, sulla base di un’attenta analisi dei 303 fogli di famiglia compilati per il Rione Fratta, elabora tabelle e prospetti (specifici e generali) relativi alle case abitate, alla popolazione residente e non, all’alfabetizzazione, alle professioni svolte dai residenti del Rione. Chiude questa parte l’elenco completo dei capifamiglia residenti nel Rione nell’ anno 1961. Il risultato è una fotografia del Rione Fratta specifica e dettagliata in tutti i particolari. La scelta di svolgere una accurata analisi sul censimento del 1961 non è casuale”, in quanto quel censimento è l’ultimo che attesta che il Rione Fratta era ancora abitato, nel momento del suo massimo sviluppo demografico. Negli anni successivi, dopo il terremoto del 21 agosto 1962, il Rione inizierà gradualmente a spopolarsi. La terza e ultima parte del volume è dedicata alle testimonianze fotografiche. Quarantotto fotografie, in bianco e nero, tutte realizzate nel luglio 1985, lungo un percorso ben definito, raccontano la distruzione dell’identità di una comunità anche nelle sue caratteristiche strutture abitative. Non c’è un prima e un dopo, ma solo un durante, quando qualcosa si poteva ancora fare.
“Questa – dice Capaldo è – una ricerca lunga e sofferta, realizzata in vari momenti e in epoche diverse”, che si chiude ora, lasciando numerosi quesiti.
Tre di questi ci vengono “gettati” addosso dall’ autore nella prefazione:
1. Come è possibile che una comunità si disgreghi e perda la sua identità?
2. Come è possibile che un intero quartiere scompaia per sempre anche nelle sue forme costruttive /abitative caratteristiche?
3. È possibile che tutto sia successo perché doveva succedere e che non si poteva fare nulla per impedirlo?
Nel volume, volontariamente, non si fa riferimento a nessun nominativo o forza politica. Non sono indicati “colpevoli”, perché la colpa non è di un solo gruppo di individui ma il frutto di numerose e molteplici scelte sbagliate, che iniziano proprio con il terremoto del 1962, come già aveva evidenziato Salvatore Salvatore in una sua riflessione del 2004 sulla ricerca di Capaldo (Grottaminarda. Nel labirinto della Fratta. Alla riscoperta dell’antico quartiere, in “L’Irpinia”).
Egli aveva avuto, in anteprima, la possibilità di consultare le bozze e nel suo articolo aveva evidenziato, tra le altre cause ed aspetti, che a Grottaminarda erano mancati “referenti politici e intellettuali capaci di gestire con grande equilibrio la situazione che, col passare degli anni, era diventata sempre più problematica e complessa”.
Concludiamo riportando una riflessione, un monito e un accorato appello dell’autore ai giovani e alle future generazioni: “Per preservare le cose bisogna amarle, rispettarle nella loro integrità, prendersene cura sottraendole all’usura del tempo, alla furia degli uomini e delle forze naturali”.