VIDEO/ Gli anti-Di Guglielmo chiamano Martina: “Il segretario intervenga sul Pd irpino”

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Marco Imbimbo – Il Partito Democratico riprende ad analizzare le ultime sconfitte elettorali, ma forse è più corretto parlare di una parte del Pd, precisamente quello antagonista al segretario Giuseppe Di Guglielmo, e che vede Umberto del Basso de Caro, Enzo De Luca, Luigi Famiglietti e Nicola Mancino. La coalizione che sosteneva la candidatura di Michelangelo Ciarcia.

Presso l’ex Eca di via Tagliamento, c’è stato un lungo pomeriggio di analisi su quanto accaduto tra il 4 marzo e il 24 giugno, ma anche un lungo excursus sul congresso provinciale e su quella elezione di Di Guglielmo da rimettere nelle mani del neo segretario nazionale, Maurizio Martina, come hanno richiesto un po’ tutti, a cominciare da De Caro.

«In questi mesi dovrà imprimere un suo personale sigillo alla sua attività. Martina non è più un reggente, ma un segretario eletto. Per quanto riguarda Di Guglielmo cambia poco se decide o meno di fare un passo indietro, noi rappresentiamo il partito più di lui. Io sono capolista». Gli strascichi del congresso Pd, intanto, sembrano comparire anche nella coalizione di centrosinistra in Consiglio Comunale. Sulla nomina del presidente dell’Aula si stanno riproponendo le fratture congressuali. «E’ stato dato mandato a Pizza di fare da collante, vedremo a quali esiti porterà», spiega De Caro.

Bordate al segretario provinciale Di Guglielmo arrivano anche da Michelangelo Ciarcia: «Dice di essere segretario del partito, ma in realtà lo è solo di un terzo di esso. Hanno assegnato tutti gli incarichi senza chiedere un nostro coinvolgimento. Chiediamo a voce alta che Di Guglielmo si faccia da parte per far ripartire il Pd, altrimenti chiederemo a Martina di essere ascoltati».

Anche l’ex consigliere comunale, Franco Russo, non riconosce la figura del segretario provinciale e punta il dito contro il Pd irpino per la sconfitta in città: «Abbiamo commesso una serie di errori a cominciare dalle liste. Un Pd che non aiuta il lavoro che si stava facendo presso la segreteria di De Luca, non è un partito serio. L’alleanza con l’area Popolare ci ha danneggiati. Probabilmente, senza di loro, al secondo turno avremmo raccolto il sostegno anche di altre liste». Intanto, registrata la sconfitta in città, secondo Russo è giusto da un lato sostenere la formazione del governo Ciampi, ma dall’altro «non dobbiamo dimenticare che noi siamo opposizione e dovremo recitare un ruolo duro. Sono loro a dover mettere in pratica quello che hanno promesso. Se dovessimo renderci conto che, questa amministrazione, non fa gli interessi degli avellinesi, si potrebbe pensare alle dimissioni in blocco per ritornare al voto».

Posizione leggermente diversa, sul Pd irpino, è quella di Carmine De Blasio, ex segretario provinciale che invita tutti a «guardare avanti e non pensare più a quello che è accaduto prima. L’urgenza è uscire dalle difficoltà, ma non dobbiamo guardare alla punta dei nostri piedi perché, fuori, la storia è tutta un’altra. Nei momenti di difficoltà ci siamo sempre messi a testa china per venirne fuori, dobbiamo rifarlo anche ora. Di fronte alla difficoltà dobbiamo mettere insieme le cose che ci possono far condividere un percorso, lasciamo perdere le cosucce».

Al segretario nazionale dovrà essere consegnato un documento in cui si esprimano tutte le preoccupazioni sulla vicenda irpina. E’ questa la linea di Enza Ambrosone che punta il dito contro Assunta Tartaglione: «Ha liquidato la vicenda cittadina in due battute, addossando la sconfitta ai consiglieri che si sono candidati. Di fronte a ciò, mi viene da dire che il Pd si merita la sconfitta perché non si interroga più su ciò che è stato. Dobbiamo chiedere a Martina di interessarsi della provincia di Avellino, non per dichiarare vincitori e vinti, ma per ripristinare una dialettica all’interno del partito».

Su ciò che è accaduto in città sarebbero stati commessi molti errori, come sostiene Rosanna Repole: «Non si possono preparare le liste 10 giorni prima di presentarle». Ma il crollo del Pd viene da lontano: «Dal referendum in poi non siamo riusciti più a parlare con la comunità democratica e i cittadini». Una posizione, questa, che porta la Repole a dichiararsi non interessata a firmare documenti da inviare a Roma, ma «è giunto il momento di voltare pagina. C’è un gruppo, quello che si è formato intorno alla candidatura di Ciarcia, e ora vediamo quello che dobbiamo fare. Se non ci viene consentito di andare a via Tagliamento per incontrarci, noi dobbiamo andarci lo stesso. Dobbiamo dire la nostra, quando capiranno che sono una minoranza allora forse le cose cambieranno».