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Giuseppe De Mita si dimette: si spacca il Pd, inizia la conta

Avellino – Sala gremita al Samantha Della Porta per l’ufficializzazione di un ‘dramma’ annunciato: il segretario provinciale del Pd Giuseppe De Mita ha rassegnato le proprie dimissioni e la conseguente uscita dal partito in seguito a quella che ha definito una ‘verifica di coerenza’. Analisi che ha deluso le aspettative di molti e nel contempo apprezzata dai dirigenti che sosterranno Ciriaco de Mita dopo il “divorzio” dal Pd. Motivazioni parziali a supporto della decisione in quanto “la sede mi impone di escludere quelle dal sapore programmatico”. Un lungo applauso che ha sortito un effetto non propriamente voluto: “Non provate a farmi commuovere… non ci riuscirete”. Eppure un Giuseppe De Mita tanto provato non lo si era mai visto. Né nel linguaggio né nei fatti. L’elegante autocontrollo e il distacco imposto dal ruolo oggi hanno abbandonato Giuseppe che ha mostrato un volto che probabilmente in pochi avevano visto anche in passato. In platea tra i tanti, Gerardo Adiglietti, Vanda Grassi, Alberta De Simone, Rosetta D’Amelio, Rosanna Repole, Peppino Di Iorio, Enzo De Luca, Lucio Fierro, Enza Ambrosone, Giuseppe Galasso, Eugenio Salvatore, Sergio Barbaro, Amalio Santoro, Vanni Chieffo, Luigi Anzalone, Francesco Todisco, Franco Maselli, Lello De Stefano, Pasquale Volino, Giuseppe Del Giudice, Gaetano Sicuranza, Rosetta Casciano, Nicola Di Iorio, Giuseppe Solimine, Michele Langastro, Franco Vittoria, Pino Freda, Valentina Paris, Luana Evangelista, Pasquale Gallicchio, molti primi cittadini e ‘curiosi’ della politica provinciale… che hanno accolto con calore e senza sorpresa l’atto annunciato. “La mia decisione – ha spiegato l’ormai ex segretario – è scaturita da una verifica di coerenza tra le speranze messe in questa cosa (il Pd, ndr) e come questa cosa si va evolvendo”. I fatti recenti, dalla crisi di governo alle elezioni, alle candidature, hanno imposto una riflessione particolare resa necessaria dalla repentina accelerazione degli eventi. “Il tempo intercorso tra il verificarsi di queste vicende e la convocazione della riunione è stato il tempo necessario per ‘far depositare la polvere’ ed evitare che qualsivoglia considerazione fosse influenzata da fattori emotivi. Siamo arrivati al Pd perché ognuno aveva una sua spiegazione. Ma tutte insieme non ne hanno fornito, in fin dei conti, una sostanziale”. De Mita sapeva che prima o poi si sarebbe arrivati alla resa dei conti ma evidentemente la tempistica ha bruciato le tappe e lo ha indotto a maturare due constatazioni: la prima di contenuto politico (“In questo partito sono entrati i radicali, è entrato Di Pietro… ed è stato escluso Ciriaco De Mita”). La seconda relativa al modello organizzativo: “La questione – è il primo accenno di ciò che forse l’opinione pubblica si aspettava di sentire – è esplosa prima della candidatura di De Mita, con Rosetta D’Amelio”. Ma le problematiche scaturite con il trascorrere del tempo non hanno più dato tregua: “Immaginavamo di poter lavorare su tutto ma non possiamo sfuggire al muro enorme che abbiamo davanti. Non potevamo pensare che i problemi venissero risolti da ciò che stiamo mettendo in piedi qui. Nella nostra provincia stavamo costruendo qualcosa di diverso. Abbiamo istituito tutti gli organi necessari, nella stesura del regolamento non abbiamo introdotto i problemi locali….”. Poi la “drammatizzazione” ha preso il sopravvento per quanto riguarda la candidatura di Ciriaco De Mita, “gestita male”. “Un segretario nazionale che dice ‘il mio voto per De Mita è indifferente perché lo recupera altrimenti’ mi fa pensare a qualcosa di diverso dalla questione degli 80 anni”. Non solo: “C’è chi ha immaginato che la candidatura di De Mita potesse essere sostituita dalla mia, ipotesi che definisco ‘volgare’. Il segretario regionale ha avanzato la proposta ai vertici nazionali che l’hanno esclusa. Questo processo, insomma, espelle una figura che ne è stata parte sostanziale”. E all’esito di questa vicenda senz’altro “molti di noi si troveranno in una posizione di incoerenza”. Il futuro di Giuseppe sarà dunque all’insegna della libertà. ‘Dalla libertà’ e ‘di’ libertà. “Mi muoverò restando in politica. Certo non morirò con la chitarra in mano ma quello che vi posso dire è che non morirò. Realizzerò un disegno di innovazione provando a tastare se esiste un campo di azione”. Che ovviamente non è più quello del Pd. A seguire il suo esempio anche Nicola Di Iorio, Pietro Foglia, Enza Ambrosone, Rosetta Casciano, Rodolfo Salzarulo e Vincenzo Sirignano. Insomma, decade l’esecutivo e il coordinamento mentre resta in vita l’assemblea che si riunirà domani pomeriggio. Ma la chiusura ha un solo nome: ‘stile’. Cambia la serratura alla sede di via Tagliamento. Inizia una nuova era. Anche nelle piccole cose. “Consegno le chiavi al presidente dell’assemblea: rispetto al passato anche questa è una questione di stile”. (di Manuela Di Pietro)

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