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FOTO E VIDEO / “Ieri eroi, oggi dimenticati. In ospedale mancano le mascherine, siamo allo sbaraglio”. Infermieri, la rabbia e la paura

Alfredo Picariello – Precettati ma pronti comunque a far sentire la loro voce. Lo sciopero degli infermieri aderenti al sindacato “Nursing Up” ad Avellino si trasforma in un flah mob dinanzi l’ospedale “Moscati” perché, in ossequio alle norme che regolano le manifestazioni sindacali, è necessario comunque garantire una certa percentuale di prestazioni. E visto che nel capoluogo e nelle strutture di competenza dell’azienda ospedaliera, gli infermieri servono come il “pane”, i camici bianchi irpini manifestano in modo diverso.

Ma sono comunque efficaci. Perché a sentirsi dimenticati, dopo essere stati definiti “eroi”, non è una cosa molto bella. Gli striscioni sono molto eloquenti. Ed anche Gianni Calienno, responsabile del sindacato a livello locale, lo è. “Non c’è nessun rispetto di chi, come noi, combatte in prima linea, in trincea. Stiamo combattendo una battaglia senza armi, ci sono pochi dispositivi di protezione personale. Rischiamo di ammalarci, 44 nostri colleghi hanno perso la vita”.

Le istanze che, da diversi mesi a questa parte, gli infermieri portano avanti, sono tante. “Vorremmo anche noi sederci ai tavoli di confronto e avanzare le nostre idee. Abbiamo chiesto ad esempio più infermieri di territorio, utili a far sì che molti pazienti possano essere curati anche a casa, evitando così di intasare gli ospedali e i pronto soccorso”.

Un altro “virus” è il demansionamento. “Troppo spesso – sottolinea Calienno – mancando personale di supporto, svolgiamo anche ruoli che non competono, togliendo tempo a quello che dovremmo fare. Tutti noi siamo laureati, abbiamo competenze, vorremmo essere equiparati ai medici”.

La situazione è “nera”. Anche Cinzia, un’altra infermiera, la descrive molto bene. “In molti reparti dell’ospedale non ci sono le mascherine, abbiamo soltanto i guanti. E, spesso, non sono nemmeno della misura giusta. La prima volta eravamo impreparati ad affrontare l’emergenza. Oggi lo siamo di nuovo. Il pronto soccorso è sempre affollato, abbiamo ragazzi che lavorano con noi alle prime armi, mandati allo sbaraglio. Sempre nel pronto soccorso, non ci sono percorsi ben definiti, corriamo rischi e pericoli seri. Sarebbe necessario il pre-triage. Abbiamo paura, tanta paura, per noi e per i nostri familiari”.

L’ultimo messaggio di Cinzia è per i “negazionisti”. “Beh, dico loro di venire a trascorrere anche solo mezza giornata in un reparto di ospedale. Il covid non c’è? Purtroppo, il covid c’è, eccome se se c’è”.

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