FOTO E VIDEO / “Case di fortuna, rassegnati e presi in giro”. Cgil alza il sipario su un’ingiustizia lunga 41 anni

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E’ un’Avellino invisibile agli occhi di chi, molto probabilmente, non vuol vedere, fa finta di niente, preferisce tirare dritto, magari vuole che continui ad essere così perché, in fondo, è un comodo “serbatoio” di voti: promesse di anni, ma nulla è ancora cambiato. Eppure, di invisibile c’è poco quando i dati parlano chiaro: il 20% degli avellinesi, ancora oggi, vive in condizioni di degrado sia urbano che sociale, in case di “cartone”, in squallide abitazioni.

E dietro i dati, ci sono storie di persone, in carne ed ossa. Ci sono, ad esempio, Mario, Daniele e Gianni. Abitano a Quattrograna Ovest. Uno dei quartieri periferici di Avellino nato nel post terremoto del 1980. Doveva essere una sistemazione provvisoria. Dopo 41 anni, vivono ancora lì. E non ci sono soltanto loro.

Ci sono anche le 120 famiglie di via Morelli e Silvati, le 30 del parco Castagno di rione Mazzini, quelle residenti in via Santangelo a Bellizzi oppure in contrada Quattrograna Est. L’elenco è lungo. Ad alzare il sipario su questo spaccato inquietante, è la Cgil di Avellino, con un calendario di immagini estratte dal progetto sociale “Quaranta e non vederli”, un reportage foto-giornalistico di Luca Daniele ed Antonello Plati.

“In tanti parlano di questa realtà, ma pochi sanno esattamente di cosa si tratti, pochi si rendono esattamente conto delle situazioni e delle condizioni di vita di queste persone”, spiega Franco Fiordellisi, segretario provinciale del sindacato.

“La Cgil prova a dare voce a chi vive questa realtà, una umanità definita invisibile ma che rappresenta, invece, il 20% della popolazione avellinese. Lo facciamo con questi scatti sociali, nella speranza che finalmente cessi la politica degli annunci. Ad Avellino c’è ancora questa diseguaglianza sociale che deve essere rimossa a tutti i costi”.

Il “viaggio” di Luca Daniele ha prodotto 60 foto scattate soprattutto nei prefabbricati pesanti installati dal 1981 fino al 1989, gli anni del dopo terremoto del 23 novembre del 1980. Per Daniele “la rassegnazione” è il tratto distintivo di tutte queste persone che vivono ancora in queste condizioni di precarietà.

Forse, è arrivato il momento di agire seriamente.