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Foti “pensa” di nuovo alle dimissioni ma con almeno quattro mesi di ritardo

Pasquale Manganiello – Paolo Foti “pensa”, per l’ennesima volta, alle dimissioni e lo comunica non attraverso un sms, bensì in Consiglio comunale, una dichiarazione chiaramente inattesa, visto il contesto politico e amministrativo di questa afosa, ultima estate con Foti alla guida dell’Amministrazione del comune capoluogo.

Il primo cittadino non è nuovo a questi “sbalzi d’umore” che lo portano ad annunciare dimissioni alla stregua di un convenevole mattutino. Da un momento all’altro ecco che Foti perde le staffe e manda a quel paese la diplomazia: il “non politico” che è in lui viene irresistibilmente fuori, per niente conscio dell’inutile clamore che l’istintivo malumore di un attimo andrà poi a creare.

Se realmente avesse voluto abbandonare il timone, avrebbe dovuto farlo prima del 24 Febbraio scorso: a quest’ora Avellino avrebbe un nuovo sindaco, una nuova Giunta, dei nuovi consiglieri e non questa maggioranza inerme, spazientita, litigiosa, attaccata a questo ultimo anno con uno sguardo che percorre a stento la strada per arrivare in Comune.

A quest’ora Avellino avrebbe già derubricato Paolo Foti nei racconti poco edificanti di questo quinquennio. Forse l’unica vera colpa di questo sindaco, considerando il disastro che ha ereditato, è stata quella di non accettare la realtà delle cose, è stata di quella non andare fino in fondo rispetto a quanto pensato, forse voluto e detto almeno cinque volte: “Ho deciso di rassegnare le mie dimissioni da sindaco della città”. Ora è troppo tardi.

Foti, bisogna dirlo, ha lo stesso tempismo di un innamorato che chiede alla sua donna di sposarlo quando lei sta per porre fine alla relazione: ieri pomeriggio sarebbe bastato deglutire un attimo e la città, presa dagli enormi problemi causati da questi tempi ostili, difficilmente avrebbe dato peso alla revoca del Comitato di Gestione del Teatro Gesualdo per violazione dell’articolo 12 dello Statuto, un punto su cui fino a poche ore fa la fascia tricolore si era detto sicurissimo di aver proceduto in maniera corretta.

Ed invece sarà l’ennesima prima pagina amara di una sindacatura amara che tra venti giorni o tra qualche mese finirà. L’ennesima bordata di commenti negativi e sarcastici di cittadini spazientiti da questo tunnel (non è possibile neanche utilizzare la metafora) che non vede la luce e che per molto tempo non la vedrà.

“E’ stato un onore”, dirà ancora una volta, melodrammaticamente, alla fine di tutto, come quei musicisti sul Titanic.

 

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